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L'Esercito Italiano (EI) è una delle quattro componenti delle Forze Armate italiane, assieme alla Marina Militare, all'Aeronautica Militare e all'Arma dei Carabinieri[e dipende dal Ministero della Difesa attraverso lo Stato Maggiore della Difesa. Nel 2010 l'Esercito conta 108.355 unità, e perde lo scettro di prima forza armata in fatto di dotazioni organiche in quanto lo stesso anno le dotazioni organiche dell'Arma dei Carabinieri sono di 117.943 unità.Per il 2010 il personale dell'Esercito si attesterà 108.355 unità. In tutto saranno 13.174 gli ufficiali tra ruolo normale, ruolo speciale e ferma prefissata, 25.916 i sottufficiali tra marescialli e sergenti, 68.170 i graduati personale Effettivo (VSP) truppa, comprende volontari in ferma prefissata. A questi vanno aggiunti gli 895 allievi in formazione presso l'Accademia Militare di Modena, la Scuola Sottufficiali dell'Esercito di Viterbo e le Scuole militari "Nunziatella" e "Teuliè". Le donne rappresentano circa il 5% di tutti i militari. Possono accedere a tutti i ruoli, da quelli logistici a quelli operativi.
Dotazione cingolati:
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Aeronautica Militare |
L'Aeronautica Militare è, assieme a Esercito Italiano, Marina Militare ed Arma dei Carabinieri, una delle quattro forze armate italiane ed è, in particolare, quella destinata alle operazioni aeree.
Alla data del 1º gennaio 2011 disponeva di un organico di circa 46000 effettivi, di cui ufficiali 6.118, marescialli 24.410, sergenti 3.792, truppa in servizio permanente 4.316, truppa in ferma 2.324.
Operazioni Internazionali
È da più di mezzo secolo che uomini e mezzi dell’Aeronautica Militare sono impegnati da una parte all’altra del globo, per portare soccorso in caso di guerre o calamità naturali e per concorrere alla risoluzione di situazioni di crisi, come la fame e il sottosviluppo dei Paesi del Terzo Mondo. Si tratta per lo più di missioni in terre lontane, che richiedono sforzi enormi da parte degli equipaggi dell’Arma Azzurra, operanti in zone a rischio, lontani dalla Patria. Alcune di queste missioni sono state contrassegnate da sacrifici estremi, ma, a fronte della dolorosa perdita di giovani equipaggi, le operazioni “fuori area” hanno permesso che migliaia di altre vite fossero salvate. Per questo motivo le missioni per gli aiuti umanitari proseguono. Le prime testimonianze delle attività svolte all’estero dall’Aeronautica Militare con fini umanitari risalgono al 1948, quando cominciarono ad essere effettuate missioni su richiesta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Tuttavia, l’operazione scolpita nella memoria collettiva è quella svolta in Congo tra il 1960 e il 1962 da velivoli della 46a Brigata Aerea di Pisa, per l’eccidio di Kindu e per le modalità in cui due equipaggi trovarono la morte l’11 novembre 1961. Le immagini di quel dramma dovevano essere ben impresse nella memoria degli uomini che, a circa quarant’anni di distanza dalla strage, hanno volato nuovamente in quelle terre per portare soccorso alla popolazione locale. A seguito di quanto accaduto in Africa, per un ventennio le missioni dell’Aeronautica Militare non previdero più la presenza permanente dei velivoli in zona d’operazioni, bensì il loro impiego costante in innumerevoli impegni umanitari in occasione di crisi politiche, terremoti, epidemie, inondazioni ed eruzioni vulcaniche.
Solo nel 1980 le operazioni di soccorso tornarono ad assumere un carattere d’ampia durata con il trasporto di aiuti in Cambogia. Nel biennio 1982-84 la Forza Armata venne chiamata a supportare il personale del contingente militare di pace nelle Operazioni “Libano 1” e “Libano 2”. Nel 1984, velivoli G-222, Atlantic ed elicotteri HH-3F furono impegnati per dieci giorni nello Stretto di Gibilterra e nell’Oceano Atlantico per la ricerca della motonave Tito Campanella, mentre nell’anno successivo i velivoli della 46a Brigata Aerea di Pisa volarono per la prima volta nella Baia di Terranova in supporto all’attività di ricerca scientifica in Antartide. Nel 1991, al termine della crisi del Golfo Persico, ebbe inizio l’Operazione “Airone” per aiutare il popolo curdo in fuga dall’eccidio perpetrato dalle truppe irachene: nel corso di ottocento ore di volo furono trasportate 400 tonnellate di materiale, aviolanciate in prossimità delle aree dove il popolo curdo aveva trovato scampo. La Guerra del Golfo − chiamata anche I Guerra del Golfo − era di fatto iniziata il 2 agosto 1990 per concludersi nel febbraio dell’anno successivo; il conflitto aveva visto fronteggiarsi l’Iraq e una coalizione composta da trentacinque Stati, formatasi sotto l’egida dell’ONU e guidata dagli Stati Uniti. L’Operazione “Desert Storm”, avviata il 17 gennaio 1991, si proponeva di restaurare la sovranità del piccolo emirato del Kuwait, invaso e annesso all’Iraq il 2 agosto 1990. Il 25 settembre 1990, con un apposito atto ordinativo che sanciva la costituzione del Distaccamento di Al Dhafra, denominato successivamente Reparto di Volo Autonomo del Golfo, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare diede concreta attuazione all’adesione del Governo italiano alle risoluzioni dell’ONU volte a realizzare la liberazione del Kuwait occupato dalle forze irachene. Lo stesso giorno, otto velivoli Tornado del 6°, 36° e 50° Stormo lasciarono la base di Gioia del Colle al termine di una cerimonia durante la quale il Capo di Stato Maggiore Generale Stelio Nardini aveva consegnato la Bandiera di guerra al Comandante dell’Unità, Colonnello Mario Redditi.I Tornado, il cui numero venne successivamente aumentato, erano stati in precedenza opportunamente adattati, a tempo di record, presso i reparti di appartenenza e il Reparto Manutenzione Velivoli di Cameri (Novara) per renderli idonei all’impiego nel deserto.Nel 1991, si aprì un ulteriore scenario per le operazioni fuori area, più vicino geograficamente, ma non meno pericoloso degli altri: la Penisola Balcanica.Proprio durante uno dei tanti voli “della speranza” verso Sarajevo, un G-222 italiano venne abbattuto da missili terra-aria portatili e nell’incidente persero la vita i quattro membri dell’equipaggio. I nomi di quegli aviatori morti sui cieli della Bosnia si aggiungono alla folta schiera dei militari caduti per la pace.
A dicembre 1992 ebbe inizio invece l’Operazione “Restore Hope” che vide C-130, G-222 e HH-3F presenti a Mogadiscio. I diciotto mesi di operazioni in Somalia rappresentarono un severo banco di prova per gli oltre 700 uomini che si succedettero nel corso della missione e per gli elicotteri del 15° Stormo e gli aerei della 46a Brigata Aerea, costretti ad operare in un clima proibitivo, a enorme distanza dalla base, in missioni molto rischiose spesso caratterizzate da decolli “su allarme”. L’operazione, una vera e propria pietra miliare per le proporzioni dell’impegno sostenuto dall’Arma Azzurra, produsse i risultati sperati (superamento della carestia e miglioramento delle condizioni sanitarie), in un Paese in cui gli equilibri sociopolitici apparivano molto fragili. A seguito di questa missione, l’Aeronautica Militare prestò servizio anche in Mozambico, assicurando il trasporto di uomini e materiali per la creazione dei campi base.
Nel 1997, oltre ad assicurare la protezione delle coste italiane e dello spazio aereo nazionale, l’Aeronautica Militare prese parte all’Operazione “Alba”, la prima azione multinazionale sotto Comando italiano, contribuendo con un imponente ponte aereo al sostegno della popolazione albanese e delle forze presenti. Proprio in Albania, l’Arma Azzurra fu impegnata con il suo Genio Campale nella ristrutturazione, dopo circa cinquant’anni di incuria, dell’aeroporto di Tirana-Rinas che venne dotato di capacità notturna, moderne strutture meteorologiche e assistenza all’atterraggio.
Dakovika, Pristina, Pish Poro e Bagram sono altrettanti esempi di approntamento e di gestione di piste di volo, espressione del nuovo concetto di logistica operativa. Questa è infatti la filosofi a che anima i Reparti Operativi Autonomi dell’Aeronautica Militare, attivi nelle missioni fuori area su dimensione ormai globale.
Nel 1999, dopo il fallimento degli Accordi di Rambouillet (in febbraio), l’Aeronautica Militare Italiana venne pesantemente coinvolta nelle operazioni NATO contro la Serbia di Milosevic, facendo ritorno sul teatro balcanico cinque anni dopo l’Operazione “Deliberate Force” in Bosnia-Erzegovina.
Da quando la NATO decise di operare per ripristina re la pace e fermare i massacri nel Kosovo, gli aeroporti italiani si trovarono ad ospitare, con lo sforzo logistico conseguente, una cifra imponente di aerei militari − attorno al migliaio − con esigenze di massima operatività e la necessità di vedere soddisfatte le richieste di servizi, dettate dallo svolgimento di frequenti missioni di guerra.
Al servizio della NATO furono posti diversi aeroporti, dai quali operarono la maggior parte dei velivoli alleati, con la relativa attivazione di tutti i servizi di supporto tra cui il servizio meteorologico, i rifornimenti di carburante, il controllo del traffico aereo, l’attività SAR (Search and Rescue) ventiquattr’ore al giorno. Oltre al supporto tecnico diretto, l’Italia schierò sistemi di difesa antiaerea basati su radar mobili e cinque batterie SPADA dell’Aeronautica Militare, tre batterie Hawk dell’Esercito Italiano assicurando la protezione del territorio nazionale e la difesa degli aeroporti. L’Aeronautica Militare Italiana, con un coinvolgimento di quasi tutti gli assetti disponibili, svolse più di 1400 missioni e più di 6500 ore di volo nei 78 giorni di conflitto.
Un’ulteriore operazione svolta nel 1999 dagli uomini dell’Aeronautica fu quella che vide i G-222, i C-130 e i B-707 italiani volare a 16.500 km dall’Italia, in Australia e nell’isola di Timor Est. Per sei mesi i militari italiani operarono in mezzo alla giungla, in pieno clima tropicale, per porre fine ai massacri in corso sul territorio. Il materiale – tra cui medicinali, viveri e attrezzature – trasportato dai nostri velivoli, a fronte di impegnativi voli di collegamento tra i poco attrezzati aeroporti timoresi, contribuì al successo della Missione “Stabilise”, che riportò la pace laddove regnava la violenza, attraverso 230 missioni per un totale di 256 ore di volo.
La guerra in Afghanistan iniziata nell’ottobre 2001, poco dopo gli attentati dell’11 settembre contro gli Stati Uniti, segnò l’esordio dell’impegno internazionale contro il terrorismo globale. L’Alleanza del Nord, formata dai gruppi afghani ostili ai gruppi estremisti talebani, fornì la maggior parte delle forze di terra, mentre Stati Uniti e NATO assicurarono, in particolare nella fase iniziale, supporto tattico, aereo e logistico. Nella seconda fase, dopo la riconquista di Kabul, le truppe occidentali aumentarono la loro presenza anche a livello territoriale per lo svolgimento di una delle più grandi operazioni mai compiute: l’Operazione “Enduring Freedom”.
A seguito degli sviluppi della situazione politico militare in Afghanistan, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò, il 20 dicembre 2001, la risoluzione 1386, con la quale venne autorizzato il dispiegamento nella città di Kabul e aree limitrofe – sotto il Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite – di una Forza multinazionale, sotto l’egida NATO, denominata International Security Assistance Force (ISAF), con il compito di assistere le istituzioni politiche provvisorie afghane a mantenere un ambiente sicuro, nel quadro degli Accordi di Bonn siglati il 5 dicembre.
Il Comando Regionale Ovest di ISAF, sotto la responsabilità italiana, comprende un’ampia regione dell’Afghanistan – grande quanto il Nord Italia – che si estende dal capoluogo Herat fino alla Provincia di Farah. Il grosso del Comando multinazionale e interforze, dislocato nelle vicinanze di Herat, è costituito da personale proveniente dai Paracadutisti della “Folgore”. Oltre che nella base del capoluogo, gli italiani sono presenti con una Task Force a Farah e a Bala Morghab. Il contingente è impegnato al mantenimento della sicurezza, mediante operazioni di controllo del territorio e addestramento alle forze afghane e nella ricostruzione, attraverso il PRT (il Team di Ricostruzione Provinciale).
L’Aeronautica Militare, già coinvolta con le attività del 4° Reparto Operativo Autonomo (ROA) di Bagram e del 5° ROA di Manas, ormai concluse, fornisce dall’ottobre 2001 ulteriori contributi all’Operazione “Enduring Freedom” con un proprio personale distaccato presso posizioni isolate o comandi della coalizione multinazionale antiterrorismo.
La Joint Air Task Force (JATF) è invece la componente aerea nazionale joint, ossia costituita da assetti di tutte le Forze Armate presenti ad Herat, sotto la leadership dell’Aeronautica Militare.
Le missioni svolte prevedono compiti di ricognizione a supporto delle truppe nazionali e alleate sul territorio grazie all’impiego di velivoli Tornado IDS e assetti UAV (Unmanned Aerial Vehicle) Predator, oltre ad innumerevoli missioni di trasporto aereo, anche di tipo ospedaliero e prettamente umanitario, effettuate con velivoli C-27J, C-130J ed elicotteri AB-212 ICO.
Nel mese di marzo 2003, in un teatro ormai noto, ebbe inizio l’Operazione “Iraqi Freedom”, da parte di una coalizione composta principalmente dagli Eserciti Britannico e Statunitense. Il 1° maggio 2003 le operazioni belliche terminarono, anche se di fatto gli eserciti stranieri non ottennero mai il pieno controllo del territorio, subendo gravi perdite infl itte dalla resistenza irachena con operazioni asimmetriche e attentati terroristici. La risoluzione 1483 del 22 maggio, approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, invitò tutti gli Alleati a contribuire alla rinascita dell’Iraq, favorendo la sicurezza del popolo iracheno e lo sviluppo della Nazione.
La partecipazione dell’Italia si compì attraverso la Missione “Antica Babilonia”, che fornì forze dislocate nel sud del Paese, con base principale a Nassiriya, sotto la guida inglese. La missione italiana ebbe inizio il 15 luglio 2003 e si identificò come un’operazione militare con finalità di peacekeeping (mantenimento e salvaguardia della pace), con l’obiettivo primario di ripristinare la sicurezza sul territorio attraverso l’assistenza all’addestramento e all’equipaggiamento delle forze.L’Aeronautica Militare prese parte all’Operazione “Antica Babilonia” tramite il proprio 6° ROA che, nell’ambito dell’IT-JTF, assicurò il supporto aereo alle forze di terra garantendo senza soluzione di continuità una cornice di sicurezza.La componente elicotteri, inserita direttamente alle dipendenze dell’IT-JTF, operò invece sull’aeroporto di Tallil, ex base aerea irachena, non lontano da An Nasiriyah.In questa breve descrizione sono state riportate alcune delle principali attività che hanno visto coinvolte l’Italia e soprattutto l’Aeronautica Militare.Gli innumerevoli impegni internazionali che il Paese deve fronteggiare insieme ai quotidiani compiti istituzionali sul proprio territorio sono frutto di un importante ruolo di leadership italiana nelle varie organizzazioni internazionali quali l’Unione Europea, la NATO e le Nazioni Unite.Anche in un periodo di forte congiuntura finanziaria, radicale rinnovamento, limitatissimo personale e forte contrazione delle risorse, l’Italia risulta tra i Paesi leader nei vari teatri strategici a fronte di una indiscussa professionalità dimostrata sul campo dal personale presente e a un sapiente e generoso impiego di risorse e mezzi.L’impegno dell’Italia nelle missioni internazionali di stabilizzazione è un elemento essenziale e in continua crescita della politica estera del Paese, da cui dipende sempre più strettamente lo standing internazionale italiano, la sicurezza dei cittadini e la possibilità dello sviluppo economico e sociale globale.Non a caso il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha dichiarato che «il Governo ha una visione che è già stata approfondita e le missioni internazionali sono un biglietto da visita dell’Italia nel mondo».
AEREOMOBILI IN DOTAZIONE CIRCA 700:
Caccia
35 General Dynamics F-16 Fighting Falcon; a questo numero vanno sottratti, 1 caduto nei pressi di Trapani (MM7237) nel 2004 per avaria della APU e conseguente perdita totale degli impianti elettrici e idraulici, 2 precipitati in addestramento in Sardegna nel 2006 (MM7246 e MM7263) dopo una collisione, 1 coinvolto in un impatto con volatili (MM7258) nel 2007 costringendo il pilota ad eiettarsi, 1 caduto al largo delle isole Egadi nel 2008 dopo essere stato colpito da un fulmine.
30 Eurofighter Typhoon 29 velivoli tranche 1 più uno tranche 2 già consegnati . Consegne da continuare di altri 45 velivoli di cui 3 biposto a standard tranche 2 con ordine firmato nel 2004 che porterebbe il totale a 75 . Possibile ulteriore ordine di altri 46 aerei di cui 2 biposto a standard tranche 3 che porterebbe il totale a 121 entro il 2014;
80 AMX ( originariamente 110 AMX e 26 AMX-T; (biposto); prima tranche ritirata dal servizio per problemi tecnici al tettuccio;
79 Panavia Tornado IDS (18 macchine con armamento stand off a guida GPS e laser - previsti tre stadi di aggiornamento detti IDS 1o MLU, IDS 2o MLU, IDS full MLU; il primo è stato completato; il secondo è in corso);
16 Panavia Tornado IT-ECR.
Trasporto
12 Lockheed C-130J Hercules; 6 di questi possono essere trasformati in altrettanti KC-130J grazie all'adozione di appositi kits;
10 Lockheed C-130J-30 Hercules;
12 Alenia C-27J Spartan
Addestramento
1 SIAI-Marchetti SF260AM;
30 Aermacchi SF260EA;
72 Aermacchi MB-339A;
30 Aermacchi MB-339CD;
20 Aermacchi MB-339PAN
CARABINIERI
Nata come corpo dei Reali Carabinieri, l'Arma dei
Carabinieri è la quarta forza armata dello Stato. Ha fatto parte dell'Esercito
Italiano fino all'5 ottobre 2000, data di pubblicazione del Decreto Legislativo
n. 297 che l'ha elevata al rango di forza armata. La dipendenza dal Capo di
Stato Maggiore della Difesa riguarda, però solo gli aspetti di Polizia Militare
e quelli riguardante il personale impiegato in operazioni militari fuori area.
Per i rimanenti compiti di istituto, attuati dalla maggior parte dei circa
112.000 Carabinieri, l'Arma dipende da altri dicasteri dello Stato (Ministero
dell'Interno, in primis, e funzionalmente da quei Ministeri preso i quali
operano i militari dell'organizzazione speciale dell'Arma, quali NAS, NOE,
Politiche agricole e alimentari, ecc.).
A differenza delle altre Forze armate, l'Arma dei Carabinieri non è comandata da
un Capo di Stato Maggiore, ma da un Comandante Generale, carica comunque
equipollente a quella di Capo di SM delle Forze armate.
Missioni UE, OSCE
o conseguenti ad accordi multinazionali o bilaterali
Attualmente i Carabinieri sono presenti nell'ambito della missione EUPM (European
Union Police Mission), che dal gennaio 2003 ha sostituito l'International Police
Task Force (IPTF) nell'assolvimento dei medesimi compiti. Nell'ambito delle
missioni "robuste", l'Arma dal 1998 ha schierato in Bosnia un proprio
contingente inizialmente sotto egida NATO (Reggimento MSU - SFOR)
successivamente transitato, a dicembre 2004, sotto ombrello UE con la
denominazione di Reggimento IPU - EUFOR. Da novembre 2007, nell'ambito della
suddetta Integrated Police Unit (IPU) si è inserita una componente della Forza
di Gendarmeria Europea (EUROGENDFOR - EGF), costituita dai cinque Paesi europei
che dispongono di forze di polizia ad ordinamento militare alla pari dell'Arma
dei Carabinieri (Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Olanda), con Quartier
Generale a Vicenza, a cui l'Arma partecipa con proprio personale. Nel quadro
delle missioni di osservazione, è estremamente significativo l'apporto dell'Arma
in Palestina, ove i Carabinieri, nel quadro della missione multinazionale TIPH (Temporary
International Presence in Hebron) sono presenti nella città di Hebron dal
gennaio 1996 con il compito di supervisionare l'applicazione dell'accordo
firmato tra Israele e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP),
favorendo così il delicato e difficile processo di pace arabo-israeliano. In
particolare, ai militari sono stati devoluti compiti di pattugliamento ed
osservazione delle violazioni dei fondamentali dirittiSempre in Medio Oriente,
l'Arma schiera nella missione EUBAM - Rafah (European Union Border Assistance
Mission presso il valico di Rafah) un nucleo inquadrato in un contingente
multinazionale, con il compito di assistere l'Autorità Palestinese nelle
operazioni di frontiera presso il valico di Rafah e per assicurare una presenza
internazionale, con funzioni di monitoring e mentoring, durante l'apertura del
valico. In Afghanistan, nell'ambito della missione EUPOL - Afghanistan (European
Union Police in Afghanistan), avviata a luglio 2007, l'Arma impiega vari
Ufficiali e Marescialli nell'incarico di monitors, con compiti di addestramento,
supervisione e consulenza per la ricostruzione dell'Afghan National Police (ANP).
Da aprile 2005 personale dell'Arma è impiegato nella Repubblica democratica del
Congo nell'ambito della missione EUPOL Congo, con compiti di addestramento della
polizia locale. Da settembre 2008 osservatori dell'Arma sono presenti anche in
Georgia, nell'ambito della European Union Monitoring Mission (EUMM), missione
avviata a seguito della crisi russo-georgiana, con compiti di monitoraggio del
"cessate il fuoco" e della libertà di movimento.
Missioni UE, OSCE o conseguenti ad accordi
multinazionali o bilaterali |
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