D.Lgs.
26 marzo 2001, n. 151
Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e
della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53.
Pubblicato
nella Gazz. Uff. 26 aprile 2001, n. 96, S.O.
Con
riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
-
I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 11 maggio 2001, n. 103;
Circ. 10 luglio 2001, n. 136.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto
l'articolo 87 della Costituzione;
Visto
l'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53, recante delega al Governo per
l'emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e
della paternità, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro le
disposizioni vigenti in materia, apportando, nei limiti di detto coordinamento,
le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della
normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;
Vista
la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista
la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 15 dicembre 2000;
Udito
il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli
atti normativi nell'adunanza del 15 gennaio 2001;
Acquisito
il parere delle competenti commissioni parlamentari;
Vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21
marzo 2001;
Sulla
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
solidarietà sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, della sanità, per le pari opportunità e per la funzione pubblica;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Capo
I
Disposizioni
generali
1.
Oggetto.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 5;legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17,
comma 3)
1. Il
presente testo unico disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela
delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli
naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla
maternità e alla paternità.
2.
Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi,
regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.
2.
Definizioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 1, e 13)
1. Ai
fini del presente testo unico:
a)
per «congedo di maternità» si intende l'astensione obbligatoria dal lavoro
della lavoratrice;
b)
per «congedo di paternità» si intende l'astensione dal lavoro del lavoratore,
fruito in alternativa al congedo di maternità;
c)
per «congedo parentale», si intende l'astensione facoltativa della lavoratrice
o del lavoratore;
d)
per «congedo per la malattia del figlio» si intende l'astensione facoltativa
dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia
stessa;
e)
per «lavoratrice» o «lavoratore», salvo che non sia altrimenti specificato, si
intendono i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di
amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro nonché i soci lavoratori
di cooperative.
2. Le
indennità di cui al presente testo unico corrispondono, per le pubbliche
amministrazioni, ai trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione
vigente, da disposizioni normative e contrattuali. I trattamenti economici non
possono essere inferiori alle predette indennità.
3.
Divieto di discriminazione.
1. È
vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda
l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque
sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia
professionale, attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di
famiglia o di gravidanza, secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1
della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
2. È
vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le
iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e
aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l'accesso sia i contenuti,
secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre
1977, n. 903.
3. È
vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda la
retribuzione, la classificazione professionale, l'attribuzione di qualifiche e
mansioni e la progressione nella carriera, secondo quanto previsto dagli
articoli 2 e 3 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
4.
Sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 11; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 10)
1. In
sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori assenti dal lavoro, in virtù
delle disposizioni del presente testo unico, il datore di lavoro può assumere
personale con contratto a tempo determinato o temporaneo, ai sensi,
rispettivamente, dell'articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18
aprile 1962, n. 230, e dell'articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 24
giugno 1997, n. 196, e con l'osservanza delle disposizioni delle leggi
medesime.
2.
L'assunzione di personale a tempo determinato e di personale temporaneo, in
sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del presente testo
unico può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di
inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione
collettiva.
3.
Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del
datore di lavoro che assume personale con contratto a tempo determinato in
sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo, è concesso uno sgravio
contributivo del 50 per cento. Quando la sostituzione avviene con contratto di
lavoro temporaneo, l'impresa utilizzatrice recupera dalla società di fornitura
le somme corrispondenti allo sgravio da questa ottenuto.
4. Le
disposizioni del comma 3 trovano applicazione fino al compimento di un anno di
età del figlio della lavoratrice o del lavoratore in congedo o per un anno
dall'accoglienza del minore adottato o in affidamento.
5.
Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui al Capo XI, è
possibile procedere, in caso di maternità delle suddette lavoratrici, e
comunque entro il primo anno di età del bambino o nel primo anno di accoglienza
del minore adottato o in affidamento, all'assunzione di personale a tempo determinato
e di personale temporaneo, per un periodo massimo di dodici mesi, con le
medesime agevolazioni di cui al comma 3.
5.
Anticipazione del trattamento di fine rapporto.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 7)
1.
Durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all'articolo 32, il
trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini del sostegno
economico, ai sensi dell'articolo 7 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Gli
statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo
21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, possono prevedere la
possibilità di conseguire tale anticipazione.
Capo
II
Tutela
della salute della lavoratrice
6.
Tutela della sicurezza e della salute.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 1;legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
art. 9)
1. Il
presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute
delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età
del figlio, che hanno informato il datore di lavoro del proprio stato,
conformemente alle disposizioni vigenti, fatto salvo quanto previsto dal comma
2 dell'articolo 8.
2. La
tutela si applica, altresì, alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in
adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di età.
3.
Salva l'ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio
sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire
presso le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione
dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite
ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della
maternità, in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale,
previste dal decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 1, comma 5,
lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purché prescritte
secondo le modalità ivi indicate.
7.
Lavori vietati.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 3, 30, comma 8, e 31, comma 1; decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 3; legge 8 marzo 2000, n. 53, art.
12, comma 3)
1. È
vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché
ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed
insalubri sono indicati dall'articolo 5 del decreto del Presidente della
Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell'allegato A del presente
testo unico. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali,
provvede ad aggiornare l'elenco di cui all'allegato A.
2.
Tra i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi quelli che
comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro,
indicati nell'elenco di cui all'allegato B.
3. La
lavoratrice è addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto
il divieto.
4. La
lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi
ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice,
accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla
salute della donna.
5. La
lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la
retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la
qualifica originale. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni
equivalenti o superiori.
6.
Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio
ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può disporre
l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente Capo, in
attuazione di quanto previsto all'articolo 17.
7.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e 4 è punita con
l'arresto fino a sei mesi.
8.
Esposizione a radiazioni ionizzanti.
(decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 230, art. 69)
1. Le
donne, durante la gravidanza, non possono svolgere attività in zone classificate
o, comunque, essere adibite ad attività che potrebbero esporre il nascituro ad
una dose che ecceda un millisievert durante il periodo della gravidanza.
2. È
fatto obbligo alle lavoratrici di comunicare al datore di lavoro il proprio
stato di gravidanza, non appena accertato.
3. È
altresì vietato adibire le donne che allattano ad attività comportanti un
rischio di contaminazione.
9.
Polizia di Stato, penitenziaria e municipale.
(legge
7 agosto 1990, n. 232, art. 13;legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 14)
1.
Fermo restando quanto previsto dal presente Capo, durante la gravidanza è
vietato adibire al lavoro operativo le appartenenti alla Polizia di Stato.
2.
Per le appartenenti alla Polizia di Stato, gli accertamenti tecnico-sanitari
previsti dal presente testo unico sono devoluti al servizio sanitario
dell'amministrazione della pubblica sicurezza, in conformità all'articolo 6,
lettera z), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.
3. Le
disposizioni di cui al comma 1 si applicano al personale femminile del corpo di
polizia penitenziaria e ai corpi di polizia municipale.
10.
Personale militare femminile.
(decreto
legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, art. 4, comma 3)
1.
Fatti salvi i periodi di divieto di adibire al lavoro le donne previsti agli
articoli 16 e 17, comma 1, durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi
successivi al parto il personale militare femminile non può svolgere incarichi
pericolosi, faticosi ed insalubri, da determinarsi con decreti adottati,
sentito il comitato consultivo di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 20
ottobre 1999, n. 380, dal Ministro della difesa, di concerto con i Ministri del
lavoro e della previdenza sociale e delle pari opportunità per il personale
delle Forze armate, nonché con il Ministro dei trasporti e della navigazione
per il personale delle capitanerie di porto, e dal Ministro delle finanze, di
concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e delle pari
opportunità per il personale del Corpo della guardia di finanza.
11.
Valutazione dei rischi.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 4)
1.
Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 7, commi 1 e 2, il datore di
lavoro, nell'àmbito ed agli effetti della valutazione di cui all'articolo 4,
comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici,
in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici,
processi o condizioni di lavoro di cui all'allegato C, nel rispetto delle linee
direttrici elaborate dalla Commissione dell'Unione europea, individuando le
misure di prevenzione e protezione da adottare.
2.
L'obbligo di informazione stabilito dall'articolo 21 del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, comprende quello di
informare le lavoratrici ed i loro rappresentati per la sicurezza sui risultati
della valutazione e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione
adottate.
12.
Conseguenze della valutazione.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 5)
1.
Qualora i risultati della valutazione di cui all'articolo 11, comma 1, rivelino
un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro
adotta le misure necessarie affinché l'esposizione al rischio delle lavoratrici
sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro.
2.
Ove la modifica delle condizioni o dell'orario di lavoro non sia possibile per
motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito
dall'articolo 7, commi 3, 4 e 5, dandone contestuale informazione scritta al
servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, che può
disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui all'articolo 6,
comma 1, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17.
3. Le
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 trovano applicazione al di fuori dei casi di
divieto sanciti dall'articolo 7, commi 1 e 2.
4.
L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 è punita con la sanzione di
cui all'articolo 7, comma 7.
13.
Adeguamento alla disciplina comunitaria.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, articoli 2 e 8)
1.
Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
il Ministro della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente di cui
all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, sono recepite le linee direttrici elaborate dalla Commissione
dell'Unione europea, concernenti la valutazione degli agenti chimici, fisici e
biologici, nonché dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza
o la salute delle lavoratrici e riguardanti anche i movimenti, le posizioni di
lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi
con l'attività svolta dalle predette lavoratrici.
2.
Con la stessa procedura di cui al comma 1, si provvede ad adeguare ed integrare
la disciplina contenuta nel decreto di cui al comma 1, nonché a modificare ed
integrare gli elenchi di cui agli allegati B e C, in conformità alle modifiche
alle linee direttrici e alle altre modifiche adottate in sede comunitaria.
14.
Controlli prenatali.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 7)
1. Le
lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione di
esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel
caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l'orario di lavoro.
2.
Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1 le lavoratrici presentano al
datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa
documentazione giustificativa attestante la data e l'orario di effettuazione
degli esami.
15.
Disposizioni applicabili.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 9)
1.
Per quanto non diversamente previsto dal presente Capo, restano ferme le
disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni, nonché da ogni altra disposizione in materia di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro.
Capo
III
Congedo di maternità
16.
Divieto di adibire al lavoro le donne.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4)
1. È
vietato adibire al lavoro le donne:
a)
durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto
all'articolo 20;
b)
ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data
presunta e la data effettiva del parto;
c)
durante i tre mesi dopo il parto;
d)
durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto
avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono
aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.
17.
Estensione del divieto.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e
10)
1. Il
divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le
lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di
gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono
determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente
rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale,
l'anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del
Ministero del lavoro, competente per territorio.
2. Il
servizio ispettivo del Ministero del lavoro può disporre, sulla base di
accertamento medico, avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario
nazionale, ai sensi degli articoli 2 e 7 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di
gravidanza, fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1,
dell'articolo 16, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dal
servizio stesso, per i seguenti motivi:
a)
nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose
che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b)
quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla
salute della donna e del bambino;
c)
quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo
quanto previsto dagli articoli 7 e 12.
3.
L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 è disposta dal
servizio ispettivo del Ministero del lavoro, secondo le risultanze
dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovrà
essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della
lavoratrice.
4.
L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 può essere
disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, d'ufficio o su
istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di
vigilanza constati l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione
medesima.
5. I
provvedimenti dei servizi ispettivi previsti dai presente articolo sono
definitivi.
18.
Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 1)
1.
L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 16 e 17 è punita con
l'arresto fino a sei mesi.
19.
Interruzione della gravidanza.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 20)
1.
L'interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti
dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è considerata a
tutti gli effetti come malattia.
2. Ai
sensi dell'articolo 17 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la pena prevista per
chiunque cagioni ad una donna, per colpa, l'interruzione della gravidanza o un
parto prematuro è aumentata se il fatto è commesso con la violazione delle
norme poste a tutela del lavoro.
20.
Flessibilità del congedo di maternità.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4-bis; legge 8 marzo 2000,n. 53, art. 12, comma
2)
1.
Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici
hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data
presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il
medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e
il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi
di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della
gestante e del nascituro.
2. Il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce
con proprio decreto l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le
disposizioni del comma 1.
21.
Documentazione.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, comma 5, e 28)
1.
Prima dell'inizio del periodo di divieto di lavoro di cui all'articolo 16,
lettera a), le lavoratrici devono consegnare al datore di lavoro e all'istituto
erogatore dell'indennità di maternità il certificato medico indicante la data
presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato, nonostante
qualsiasi errore di previsione.
2. La
lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato di
nascita del figlio, ovvero la dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell'articolo
46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
22.
Trattamento economico e normativo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre
1977, n. 903, art. 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5)
1. Le
lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento
della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in
attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2.
L'indennità è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del
decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito dalla legge 29 febbraio
1980, n. 33, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
3. I
periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di
servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima
mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
4. I
medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di
permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio
1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di
mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite
minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare
dell'indennità di mobilità.
5.
Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera,
come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale
scopo particolari requisiti.
6. Le
ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non
vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7.
Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della
legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di
maternità, rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di
pubblica utilità, ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale.
23.
Calcolo dell'indennità.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 16)
1.
Agli effetti della determinazione della misura dell'indennità, per retribuzione
s'intende la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga
quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel
corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità.
2. Al
suddetto importo va aggiunto il rateo giornaliero relativo alla gratifica
natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o
trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice.
3.
Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono
considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni
dell'assicurazione obbligatoria per le indennità economiche di malattia.
4.
Per retribuzione media globale giornaliera si intende l'importo che si ottiene
dividendo per trenta l'importo totale della retribuzione del mese precedente a
quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo. Qualora le lavoratrici
non abbiano svolto l'intero periodo lavorativo mensile per sospensione del
rapporto di lavoro con diritto alla conservazione del posto per interruzione
del rapporto stesso o per recente assunzione si applica quanto previsto al
comma 5, lettera c).
5.
Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione media
globale giornaliera s'intende:
a)
nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione di ore di
lavoro straordinario, l'orario medio effettivamente praticato superi le otto
ore giornaliere, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo
degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il
numero dei giorni lavorati o comunque retribuiti;
b)
nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell'azienda o per
particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice, l'orario medio
effettivamente praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di
lavoro della categoria, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare
complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione per il numero delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il
quoziente ottenuto per il numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal
contratto stesso. Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell'àmbito
di una settimana, un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della
settimana e un orario ridotto per il sesto giorno, l'orario giornaliero è
quello che si ottiene dividendo per sei il numero complessivo delle ore
settimanali contrattualmente stabilite;
c) in
tutti gli altri casi, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare
complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti,
risultanti dal periodo stesso.
24.
Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, comma 3)
1.
L'indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del
rapporto di lavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere b) e c), che si
verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli
16 e 17.
2. Le
lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di congedo di
maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate,
sono ammesse al godimento dell'indennità giornaliera di maternità purché tra
l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e quello di
detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni.
3. Ai
fini del computo dei predetti sessanta giorni, non si tiene conto delle assenze
dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli
enti gestori delle relative assicurazioni sociali, né del periodo di congedo
parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente
maternità, né del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento,
né del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di
lavoro a tempo parziale di tipo verticale.
4.
Qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla
risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del
periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell'indennità di
disoccupazione, ha diritto all'indennità giornaliera di maternità anziché
all'indennità ordinaria di disoccupazione.
5. La
lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma 4, ma che non è
in godimento della indennità di disoccupazione perché nell'ultimo biennio ha
effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all'obbligo
dell'assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all'indennità giornaliera
di maternità, purché al momento dell'inizio del congedo di maternità non siano
trascorsi più di centottanta giorni dalla data di risoluzione del rapporto e,
nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore,
nell'assicurazione obbligatoria per le indennità di maternità, ventisei
contributi settimanali.
6. La
lavoratrice che, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo sessanta giorni
dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio del congedo stesso,
sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della
Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento,
all'indennità giornaliera di maternità.
7. Le
disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai casi di
fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23
luglio 1991, n. 223.
25.
Trattamento previdenziale.
(decreto
legislativo 16 settembre 1996, n. 564, art. 2, commi 1, 4, 6)
1.
Per i periodi di congedo di maternità, non è richiesta, in costanza di rapporto
di lavoro, alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento
dei contributi figurativi per il diritto alla pensione e per la determinazione
della misura stessa.
2. In
favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle
forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi
corrispondenti al congedo di maternità di cui agli articoli 16 e 17, verificatisi
al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini
pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all'atto della
domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di
lavoro. La contribuzione figurativa viene accreditata secondo le disposizioni
di cui all'articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155, con effetto dal
periodo in cui si colloca l'evento.
3.
Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti ed ai fondi
sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti, gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al
comma 2 sono addebitati alla relativa gestione pensionistica. Per i soggetti
iscritti ai fondi esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria per
l'invalidità e la vecchiaia ed i superstiti, gli oneri derivanti dalle
disposizioni di cui al comma 2 sono posti a carico dell'ultima gestione
pensionistica del quinquennio lavorativo richiesto nel medesimo comma.
26.
Adozioni e affidamenti.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1)
1. Il
congedo di maternità di cui alla lettera c), comma 1, dell'articolo 16 può
essere richiesto dalla lavoratrice che abbia adottato, o che abbia ottenuto in
affidamento un bambino di età non superiore a sei anni all'atto dell'adozione o
dell'affidamento.
2. Il
congedo deve essere fruito durante i primi tre mesi successivi all'effettivo
ingresso del bambino nella famiglia della lavoratrice.
27.
Adozioni e affidamenti preadottivi internazionali.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1; legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 31,
comma 3, lettera n), e 39-quater, lettere a) e c)
1.
Nel caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali, disciplinati
dal Titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni,
il congedo di maternità di cui al comma 1 dell'articolo 26 spetta anche se il
minore adottato o affidato abbia superato i sei anni e sino al compimento della
maggiore età.
2.
Per l'adozione e l'affidamento preadottivo internazionali, la lavoratrice ha,
altresì, diritto a fruire di un congedo di durata corrispondente al periodo di
permanenza nello Stato straniero richiesto per l'adozione e l'affidamento. Il
congedo non comporta indennità né retribuzione.
3.
L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di
adozione certifica la durata del congedo di cui al comma 1 dell'articolo 26,
nonché la durata del periodo di permanenza all'estero nel caso del congedo
previsto al comma 2 del presente articolo.
Capo
IV
Congedo di paternità
28.
Congedo di paternità.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e 2)
1. Il
padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del
congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla
lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di
abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
2. Il
padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al comma 1 presenta
al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In
caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi
dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000,
n. 445.
29.
Trattamento economico e normativo.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 3)
1. Il
trattamento economico e normativo è quello spettante ai sensi degli articoli 22
e 23.
30.
Trattamento previdenziale.
1. Il
trattamento previdenziale è quello previsto dall'articolo 25.
31.
Adozioni e affidamenti.
1. Il
congedo di cui agli articoli 26, comma 1, e 27, comma 1, che non sia stato
chiesto dalla lavoratrice, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore.
2. Il
congedo di cui all'articolo 27, comma 2, spetta, alle medesime condizioni, al
lavoratore.
3. Al
lavoratore, alle medesime condizioni previste dai commi 1 e 2, è riconosciuto
il diritto di cui all'articolo 28.
Capo
V
Congedo parentale
32.
Congedo parentale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3)
1.
Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto
di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I
relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere
il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente
articolo. Nell'àmbito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro
compete:
a)
alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al
Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al
padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o
frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma
2;
c)
qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non
superiore a dieci mesi.
2.
Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un
periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite
complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.
3. Ai
fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo
casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le
modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un
periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni.
4. Il
congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore
non ne abbia diritto.
33.
Prolungamento del congedo.
(legge
5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, commi 1 e 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art.
20)
1. La
lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap
in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni
del congedo parentale a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo
pieno presso istituti specializzati.
2. In
alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi di cui
all'articolo 42, comma 1.
3. Il
congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne
abbia diritto.
4.
Resta fermo il diritto di fruire del congedo di cui all'articolo 32. Il
prolungamento di cui al comma 1 decorre dal termine del periodo corrispondente
alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente ai sensi
dell'articolo 32.
34.
Trattamento economico e normativo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 15, commi 2 e 4, e 7, comma 5)
1.
Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 alle lavoratrici e ai
lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari
al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i
genitori di sei mesi. L'indennità è calcolata secondo quanto previsto
all'articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso.
2. Si
applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento del congedo di cui
all'articolo 33.
3.
Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 ulteriori rispetto a
quanto previsto ai commi 1 e 2 è dovuta un'indennità pari al 30 per cento della
retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia
inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico
dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i
criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.
4.
L'indennità è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 22, comma 2.
5. I
periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi
gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica
natalizia.
6. Si
applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7.
35.
Trattamento previdenziale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, comma 2, lettere a) e b); decreto
legislativo 16 settembre 1996, n. 564, articoli 2, commi 2, 3 e 5)
1. I
periodi di congedo parentale che danno diritto al trattamento economico e
normativo di cui all'articolo 34, commi 1 e 2, sono coperti da contribuzione
figurativa. Si applica quanto previsto al comma 1 dell'articolo 25.
2. I
periodi di congedo parentale di cui all'articolo 34, comma 3, compresi quelli
che non danno diritto al trattamento economico, sono coperti da contribuzione
figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per
cento del valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di
riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con
riscatto ai sensi dell'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero
con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della
prosecuzione volontaria.
3.
Per i dipendenti di amministrazioni pubbliche e per i soggetti iscritti ai
fondi sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria gestita
dall'Istituto nazionale previdenza sociale (INPS) ai quali viene corrisposta
una retribuzione ridotta o non viene corrisposta alcuna retribuzione nei
periodi di congedo parentale, sussiste il diritto, per la parte differenziale
mancante alla misura intera o per l'intera retribuzione mancante, alla
contribuzione figurativa da accreditare secondo le disposizioni di cui
all'articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155.
4.
Gli oneri derivanti dal riconoscimento della contribuzione figurativa di cui al
comma 3, per i soggetti iscritti ai fondi esclusivi o sostitutivi
dell'assicurazione generale obbligatoria, restano a carico della gestione
previdenziale cui i soggetti medesimi risultino iscritti durante il predetto
periodo.
5.
Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di
previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria
per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi non coperti da
assicurazione e corrispondenti a quelli che danno luogo al congedo parentale,
collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, possono essere
riscattati, nella misura massima di cinque anni, con le modalità di cui
all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni,
a condizione che i richiedenti possano far valere, all'atto della domanda,
complessivamente almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di
effettiva attività lavorativa.
36.
Adozioni e affidamenti.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2; legge 5 febbraio 1992, n. 104, art.
33, comma 7; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5)
1. Il
congedo parentale di cui al presente Capo spetta anche per le adozioni e gli
affidamenti.
2. Il
limite di età, di cui all'articolo 34, comma 1, è elevato a sei anni. In ogni
caso, il congedo parentale può essere fruito nei primi tre anni dall'ingresso
del minore nel nucleo familiare.
3.
Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età
compresa fra i sei e i dodici anni, il congedo parentale è fruito nei primi tre
anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
37.
Adozioni e affidamenti preadottivi internazionali.
[(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2; legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 31,
comma 3, lettera n), e 39-quater, lettera b)]
1. In
caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali si applicano le
disposizioni dell'articolo 36.
2.
L'Ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di
adozione certifica la durata del congedo parentale.
38.
Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1. Il
rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal
lavoro di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da
lire un milione a lire cinque milioni.
Capo
VI
Riposi e permessi
39.
Riposi giornalieri della madre.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10)
1. Il
datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno
di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la
giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è
inferiore a sei ore.
2. I
periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono
considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del
lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda.
3. I
periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca
dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro
nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
40.
Riposi giornalieri del padre.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-ter)
1. I
periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:
a)
nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in
alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c)
nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in
caso di morte o di grave infermità della madre.
41.
Riposi per parti plurimi.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 6)
1. In
caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive
rispetto a quelle previste dall'articolo 39, comma 1, possono essere utilizzate
anche dal padre.
42.
Riposi e permessi per i figli con handicap grave.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis, e 20)
1.
Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in
situazione di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo
parentale, si applica l'articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n.
104, relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito.
2.
Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap
in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore
padre hanno diritto ai permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104. Detti permessi sono fruibili anche in maniera
continuativa nell'àmbito del mese.
3.
Successivamente al raggiungimento della maggiore età del figlio con handicap in
situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore
padre hanno diritto ai permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104. Ai sensi dell'articolo 20 della legge 8 marzo 2000, n.
53, detti permessi, fruibili anche in maniera continuativa nell'àmbito del
mese, spettano a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza
di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva.
4. I
riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33, comma 4 della legge 5 febbraio
1992, n. 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con
il congedo per la malattia del figlio.
5. La
lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro
scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in
situazione di gravità di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio
1992, n. 104, accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge medesima
da almeno cinque anni e che abbiano titolo a fruire dei benefìci di cui
all'articolo 33, commi 1, 2 e 3, della medesima legge per l'assistenza del
figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4
della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. Durante
il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità
corrispondente all'ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da
contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino
a un importo complessivo massimo di lire 70 milioni annue per il congedo di
durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno
2002, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per
le famiglie di operai e impiegati. L'indennità è corrisposta dal datore di
lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti
economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia
contributiva, detraggono l'importo dell'indennità dall'ammontare dei contributi
previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei
predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista
l'assicurazione per le prestazioni di maternità, l'indennità di cui al presente
comma è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30
dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio
1980, n. 33. Il congedo fruito ai sensi del presente comma alternativamente da
entrambi i genitori non può superare la durata complessiva di due anni; durante
il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei benefìci di
cui all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fatte salve le
disposizioni di cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo.
6. I
riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche
qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
43.
Trattamento economico e normativo.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 8; legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma
4; decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito dalla legge 27 ottobre
1993, n. 423, art. 2, comma 3-ter)
1.
Per i riposi e i permessi di cui al presente Capo è dovuta un'indennità, a
carico dell'ente assicuratore, pari all'intero ammontare della retribuzione
relativa ai riposi e ai permessi medesimi. L'indennità è anticipata dal datore
di lavoro ed è portata a conguaglio con gli apporti contributivi dovuti
all'ente assicuratore.
2. Si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 34, comma 5.
44. Trattamento
previdenziale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 5; legge 5 febbraio 1992, n. 104,
art. 33, comma 4)
1. Ai
periodi di riposo di cui al presente Capo si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 35, comma 2.
2. I
tre giorni di permesso mensile di cui all'articolo 42, commi 2 e 3, sono
coperti da contribuzione figurativa.
45.
Adozioni e affidamenti.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5; legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33,
comma 7)
1. Le
disposizioni in materia di riposi di cui agli articoli 39, 40 e 41 si applicano
anche in caso di adozione e di affidamento entro il primo anno di vita del
bambino.
2. Le
disposizioni di cui all'articolo 42 si applicano anche in caso di adozione e di
affidamento di soggetti con handicap in situazione di gravità.
46.
Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1.
L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 39, 40 e 41 è punita
con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
Capo VII
Congedi per la malattia del figlio
47.
Congedo per la malattia del figlio.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, 7, comma 4, e 30, comma 5)
1.
Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro
per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore
a tre anni.
2.
Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro,
nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio
di età compresa fra i tre e gli otto anni.
3.
Per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 il genitore deve presentare il
certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio
sanitario nazionale o con esso convenzionato.
4. La
malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a
richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di
cui ai commi 1 e 2.
5. Ai
congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul
controllo della malattia del lavoratore.
6. Il
congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne
abbia diritto.
48.
Trattamento economico e normativo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 5)
1. I
periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell'anzianità di
servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità
o alla gratifica natalizia.
2. Si
applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7.
49.
Trattamento previdenziale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, comma 3)
1.
Per i periodi di congedo per la malattia del figlio è dovuta la contribuzione
figurativa fino al compimento del terzo anno di vita del bambino. Si applica
quanto previsto all'articolo 25.
2.
Successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento
dell'ottavo anno, è dovuta la copertura contributiva calcolata con le modalità
previste dall'articolo 35, comma 2.
3. Si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 35, commi 3, 4 e 5.
50.
Adozioni e affidamenti.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5)
1. Il
congedo per la malattia del bambino di cui al presente Capo spetta anche per le
adozioni e gli affidamenti.
2. Il
limite di età, di cui all'articolo 47, comma 1, è elevato a sei anni. Fino al
compimento dell'ottavo anno di età si applica la disposizione di cui al comma 2
del medesimo articolo.
3.
Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età
compresa fra i sei e i dodici anni, il congedo per la malattia del bambino è
fruito nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare alle
condizioni previste dall'articolo 47, comma 2.
51.
Documentazione.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 5)
1. Ai
fini della fruizione del congedo di cui al presente Capo, la lavoratrice ed il
lavoratore sono tenuti a presentare una dichiarazione rilasciata ai sensi
dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000,
n. 445, attestante che l'altro genitore non sia in congedo negli stessi giorni
per il medesimo motivo.
52.
Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1. Il
rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal
lavoro di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da
lire un milione a lire cinque milioni.
Capo
VIII
Lavoro notturno
53.
Lavoro notturno.
[legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 5, commi 1 e 2, lettere a) e b)]
1. È
vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento
dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
2.
Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la
lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa,
il lavoratore padre convivente con la stessa;
b) la
lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio
convivente di età inferiore a dodici anni.
3. Ai
sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 9 dicembre 1977, n.
903, non sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore
che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio
1992, n. 104, e successive modificazioni.
Capo
IX
Divieto di licenziamento, dimissioni diritto
al rientro
54.
Divieto di licenziamento.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma 2; legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4; decreto legislativo 9 settembre
1994, n. 566, art. 2, comma 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1)
1. Le
lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza
fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III,
nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.
2. Il
divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di
gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il
divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla
quale risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo
vietavano.
3. Il
divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di
colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la
risoluzione del rapporto di lavoro;
b) di
cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;
c) di
ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di
risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
d) di
esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui
all'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.
4.
Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice
non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività
dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso
abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in
mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio
1991, n. 223, e successive modificazioni.
5. Il
licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui
ai commi 1, 2 e 3, è nullo.
6. È
altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del
congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o
del lavoratore.
7. In
caso di fruizione del congedo di paternità, di cui all'articolo 28, il divieto
di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo
stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Si
applicano le disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e 5.
8.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita con
la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque milioni. Non è
ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24
novembre 1981, n. 689.
9. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di
affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino a un anno
dall'ingresso del minore nel nucleo familiare, in caso di fruizione del congedo
di maternità e di paternità.
55.
Dimissioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 12; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma
2)
1. In
caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto,
a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha
diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il
caso di licenziamento.
2. La
disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del
congedo di paternità.
3. La
disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di adozione e di
affidamento, entro un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
4. La
richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di
gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita
del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in
affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del
lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la
risoluzione del rapporto di lavoro.
5.
Nel caso di dimissioni di cui al presente articolo, la lavoratrice o il
lavoratore non sono tenuti al preavviso.
56.
Diritto al rientro e alla conservazione del posto.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 6; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17,
comma 1)
1. Al
termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo II e III, le
lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che
espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove
erano occupate all'inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel
medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del
bambino; hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte
o a mansioni equivalenti.
2. La
disposizione di cui al comma 1 si applica anche al lavoratore al rientro al
lavoro dopo la fruizione del congedo di paternità.
3.
Negli altri casi di congedo, di permesso o di riposo disciplinati dal presente
testo unico, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione
del posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella
stessa unità produttiva ove erano occupati al momento della richiesta, o in
altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresì diritto di essere adibiti alle
mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
4. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di
affidamento. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino a un anno
dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
Capo
X
Disposizioni speciali
57.
Rapporti di lavoro a termine nelle pubbliche amministrazioni.
(decreto-legge
29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, art. 8)
1.
Ferma restando la titolarità del diritto ai congedi di cui al presente testo
unico, alle lavoratrici e ai lavoratori assunti dalle amministrazioni pubbliche
con contratto a tempo determinato, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 230, o
con contratto di lavoro temporaneo, di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196,
spetta il trattamento economico pari all'indennità prevista dal presente testo
unico per i congedi di maternità, di paternità e parentali, salvo che i
relativi ordinamenti prevedano condizioni di migliore favore.
2.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1 si applica altresì quanto
previsto dall'articolo 24, con corresponsione del trattamento economico a cura
dell'amministrazione pubblica presso cui si è svolto l'ultimo rapporto di
lavoro.
58.
Personale militare.
(decreto
legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, art. 4, comma 2, e 5, commi 2 e 3)
1. Le
assenze dal servizio per motivi connessi allo stato di maternità, disciplinate
dal presente testo unico, non pregiudicano la posizione di stato giuridico del
personale in servizio permanente delle Forze armate e del Corpo della guardia
di finanza, salvo quanto previsto dal comma 2.
2. I
periodi di congedo di maternità, previsti dagli articoli 16 e 17, sono validi a
tutti gli effetti ai fini dell'anzianità di servizio. Gli stessi periodi sono
computabili ai fini della progressione di carriera, salva la necessità
dell'effettivo compimento nonché del completamento degli obblighi di comando,
di attribuzioni specifiche, di servizio presso enti o reparti e di imbarco,
previsti dalla normativa vigente.
3. Il
personale militare che si assenta dal servizio per congedo parentale e per la
malattia del figlio è posto in licenza straordinaria per motivi privati,
equiparata a tutti gli effetti a quanto previsto agli articoli 32 e 47. Il
periodo trascorso in tale licenza è computabile, ai fini della progressione di
carriera, nei limiti previsti dalla disciplina vigente in materia di documenti
caratteristici degli ufficiali, dei sottufficiali e dei militari di truppa
dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica relativamente al periodo massimo
di assenza che determina la fine del servizio.
59.
Lavoro stagionale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 4)
1. Le
lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a disoccupazione
stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30 novembre
1964, e successive modificazioni, le quali siano licenziate a norma della
lettera b) del comma 3 dell'articolo 54, hanno diritto, per tutto il periodo in
cui opera il divieto di licenziamento, sempreché non si trovino in periodo di
congedo di maternità, alla ripresa dell'attività lavorativa stagionale e alla
precedenza nelle riassunzioni.
2.
Alle lavoratrici e ai lavoratori stagionali si applicano le disposizioni
dell'articolo 7 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia
contributiva.
3.
Alle straniere titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale è
riconosciuta l'assicurazione di maternità, ai sensi della lettera d), comma 1,
dell'articolo 25 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
60.
Lavoro a tempo parziale.
(decreto
legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, art. 4, comma 2)
1. In
attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61,
e, in particolare, del principio di non discriminazione, la lavoratrice e il
lavoratore a tempo parziale beneficiano dei medesimi diritti di un dipendente a
tempo pieno comparabile, per quanto riguarda la durata dei congedi previsti dal
presente testo unico. Il relativo trattamento economico è riproporzionato in
ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.
2.
Ove la lavoratrice o il lavoratore a tempo parziale e il datore di lavoro
abbiano concordato la trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo
pieno per un periodo in parte coincidente con quello del congedo di maternità,
è assunta a riferimento la base di calcolo più favorevole della retribuzione,
agli effetti di quanto previsto dall'articolo 23, comma 4.
3.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1 si applicano le disposizioni
dell'articolo 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia
contributiva.
61.
Lavoro a domicilio.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, 13, 18, 22; legge 8 marzo 2000, n. 53,
art. 3)
1. Le
lavoratrici e i lavoratori a domicilio hanno diritto al congedo di maternità e
di paternità. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16,
17, 22, comma 3, e 54, ivi compreso il relativo trattamento economico e
normativo.
2.
Durante il periodo di congedo, spetta l'indennità giornaliera di cui
all'articolo 22, a carico dell'INPS, in misura pari all'80 per cento del
salario medio contrattuale giornaliero, vigente nella provincia per i
lavoratori interni, aventi qualifica operaia, della stessa industria.
3.
Qualora, per l'assenza nella stessa provincia di industrie similari che
occupano lavoratori interni, non possa farsi riferimento al salario
contrattuale provinciale di cui al comma 2, si farà riferimento alla media dei
salari contrattuali provinciali vigenti per la stessa industria nella regione,
e, qualora anche ciò non fosse possibile, si farà riferimento alla media dei
salari provinciali vigenti nella stessa industria del territorio nazionale.
4.
Per i settori di lavoro a domicilio per i quali non esistono corrispondenti
industrie che occupano lavoratori interni, con apposito decreto del Ministro
per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali
interessate, si prenderà a riferimento il salario medio contrattuale
giornaliero vigente nella provincia per i lavoratori aventi qualifica operaia
dell'industria che presenta maggiori caratteri di affinità.
5. La
corresponsione dell'indennità di cui al comma 2 è subordinata alla condizione
che, all'inizio del congedo di maternità, la lavoratrice riconsegni al
committente tutte le merci e il lavoro avuto in consegna, anche se non
ultimato.
62.
Lavoro domestico.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, 13, 19, 22; legge 8 marzo 2000, n. 53,
art. 3)
1. Le
lavoratrici e i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari hanno
diritto al congedo di maternità e di paternità. Si applicano le disposizioni di
cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3 e 6, ivi compreso il relativo
trattamento economico e normativo.
2.
Per il personale addetto ai servizi domestici familiari, l'indennità di cui
all'articolo 22 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le modalità
e le disposizioni stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 31
dicembre 1971, n. 1403.
63.
Lavoro in agricoltura.
(decreto-legge
22 dicembre 1981, n. 791, convertito dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, art.
14; decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla legge 11 novembre
1983, n. 638, art. 5; decreto legislativo 16 aprile 1997, n. 146, art. 4; legge
17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21)
1. Le
prestazioni di maternità e di paternità di cui alle presenti disposizioni per
le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo indeterminato sono corrisposte,
ferme restando le modalità erogative di cui all'articolo 1, comma 6 del
decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 febbraio 1980, n. 33, con gli stessi criteri previsti per i lavoratori
dell'industria.
2. Le
lavoratrici e i lavoratori agricoli con contratto a tempo determinato iscritti
o aventi diritto all'iscrizione negli elenchi nominativi di cui all'articolo 7,
n. 5), del decreto-legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 marzo 1970, n. 83, hanno diritto alle prestazioni di maternità e
di paternità a condizione che risultino iscritti nei predetti elenchi nell'anno
precedente per almeno 51 giornate.
3. È
consentita l'ammissione delle lavoratrici e dei lavoratori alle prestazioni di
maternità e di paternità, mediante certificazione di iscrizione d'urgenza negli
elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, ai sensi dell'articolo 4, comma 4,
del decreto legislativo luogotenenziale 9 aprile 1946, n. 212, e successive
modificazioni.
4.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo indeterminato le prestazioni
per i congedi, riposi e permessi di cui ai Capi III, IV, V e VI sono calcolate
sulla base della retribuzione di cui all'articolo 12 della legge 30 aprile
1969, n. 153, prendendo a riferimento il periodo mensile di paga precedente a
quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo.
5.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo determinato, esclusi quelli
di cui al comma 6, le prestazioni per i congedi, riposi e permessi sono
determinate sulla base della retribuzione fissata secondo le modalità di cui
all'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n.
488, ai sensi dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457.
6.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli di cui al comma 2 il salario medio
convenzionale determinato con decreto del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale e rilevato nel 1995, resta fermo, ai fini della
contribuzione e delle prestazioni temporanee, fino a quando il suo importo per
le singole qualifiche degli operai agricoli non sia superato da quello
spettante nelle singole province in applicazione dei contratti collettivi
stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. A
decorrere da tale momento trova applicazione l'articolo 1, comma 1, del
decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla
legge 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni.
7.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli compartecipanti e piccoli coloni
l'ammontare della retribuzione media è stabilito in misura pari a quella di cui
al comma 5.
64.
Collaborazioni coordinate e continuative.
1. In
materia di tutela della maternità, alle lavoratrici di cui all'articolo 2,
comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme
obbligatorie, si applicano le disposizioni di cui al comma 16 dell'articolo 59
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. Ai
sensi del comma 12 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la
tutela della maternità prevista dalla disposizione di cui al comma 16, quarto
periodo, dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, avviene nelle
forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente.
65.
Attività socialmente utili.
(decreto
legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 3, 15, 16 e 17; decreto
legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, articoli 4 e 10)
1. Le
lavoratrici e i lavoratori di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n.
468, e successive modificazioni, impegnati in attività socialmente utili hanno
diritto al congedo di maternità e di paternità. Alle lavoratrici si applica
altresì la disciplina di cui all'articolo 17 del presente testo unico.
2.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1, che non possono vantare una
precedente copertura assicurativa ai sensi dell'articolo 24, per i periodi di
congedo di maternità e di paternità, viene corrisposta dall'INPS un'indennità
pari all'80 per cento dell'importo dell'assegno previsto dall'articolo 8, comma
3, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468. I conseguenti oneri sono
rimborsati, annualmente, tramite rendiconto dell'INPS, a carico del Fondo per
l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, o
del soggetto finanziatore dell'attività socialmente utile.
3.
Alle lavoratrici e ai lavoratori viene riconosciuto il diritto a partecipare
alle medesime attività socialmente utili ancora in corso o prorogate al termine
del periodo di congedo di maternità e di paternità.
4.
Alle lavoratrici e ai lavoratori impegnati a tempo pieno in lavori socialmente
utili sono riconosciuti, senza riduzione dell'assegno, i riposi di cui agli
articoli 39 e 40.
5.
L'assegno è erogato anche per i permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, anche ai sensi di quanto previsto all'articolo
42, commi 2, 3 e 6, del presente testo unico.
Capo
XI
Lavoratrici autonome
66.
Indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, art. 1)
1.
Alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane
ed esercenti attività commerciali di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4
luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613, e alle imprenditrici agricole a
titolo principale, è corrisposta una indennità giornaliera per il periodo di
gravidanza e per quello successivo al parto calcolata ai sensi dell'articolo
68.
67.
Modalità di erogazione.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, art. 2)
1.
L'indennità di cui all'articolo 66 viene erogata dall'INPS a seguito di
apposita domanda in carta libera, corredata da un certificato medico rilasciato
dall'azienda sanitaria locale competente per territorio, attestante la data di
inizio della gravidanza e quella presunta del parto ovvero dell'interruzione
della gravidanza spontanea o volontaria ai sensi della legge 22 maggio 1978, n.
194.
2. In
caso di adozione o di affidamento, l'indennità di maternità di cui all'articolo
66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per tre mesi successivi
all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia a condizione che questo non
abbia superato i sei anni di età, secondo quanto previsto all'articolo 26, o i
18 anni di età, secondo quanto previsto all'articolo 27.
3.
L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.
68.
Misura dell'indennità.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, articoli 3, 4 e 5)
1.
Alle coltivatrici dirette, colone e mezzadre e alle imprenditrici agricole è
corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi
successivi alla stessa, una indennità giornaliera pari all'80 per cento della
retribuzione minima giornaliera per gli operai agricoli a tempo indeterminato,
come prevista dall'articolo 14, comma 7, del decreto-legge 22 dicembre 1981, n.
791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, in
relazione all'anno precedente il parto.
2.
Alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti attività commerciali è
corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi
successivi alla stessa data effettiva del parto, una indennità giornaliere pari
all'80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall'articolo 1 del
decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di
impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al
secondo comma del medesimo articolo 1.
3. In
caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi
previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194,
verificatasi non prima del terzo mese di gravidanza, su certificazione medica
rilasciata dall'azienda sanitaria locale competente per territorio, è
corrisposta una indennità giornaliera calcolata ai sensi dei commi 1 e 2 per un
periodo di trenta giorni.
69.
Congedo parentale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 4)
1.
Alle lavoratrici di cui al presente Capo, madri di bambini nati a decorrere dal
1° gennaio 2000, è esteso il diritto al congedo parentale di cui all'articolo
32, compreso il relativo trattamento economico, limitatamente ad un periodo di
tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino.
Capo XII
Libere
professioniste
70.
Indennità di maternità per le libere professioniste.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 1)
1.
Alle libere professioniste, iscritte a una cassa di previdenza e assistenza di
cui alla tabella D allegata al presente testo unico, è corrisposta un'indennità
di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi
successivi alla stessa.
2.
L'indennità di cui al comma 1 viene corrisposta in misura pari all'80 per cento
di cinque dodicesimi del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla
libera professionista nel secondo anno precedente a quello della domanda.
3. In
ogni caso l'indennità di cui al comma 1 non può essere inferiore a cinque
mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari all'80 per cento del
salario minimo giornaliero stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 29
luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre
1981, n. 537, e successive modificazioni, nella misura risultante, per la
qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali
di cui al secondo comma del medesimo articolo.
71.
Termini e modalità della domanda.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 2)
1.
L'indennità di cui all'articolo 70 è corrisposta, indipendentemente dall'effettiva
astensione dall'attività, dalla competente cassa di previdenza e assistenza per
i liberi professionisti, a seguito di apposita domanda presentata
dall'interessata a partire dal compimento del sesto mese di gravidanza ed entro
il termine perentorio di centottanta giorni dal parto.
2. La
domanda, in carta libera, deve essere corredata da certificato medico
comprovante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto,
nonché dalla dichiarazione redatta ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l'inesistenza del diritto alle
indennità di maternità di cui al Capo III e al Capo XI.
3.
L'indennità di maternità spetta in misura intera anche nel caso in cui, dopo il
compimento del sesto mese di gravidanza, questa sia interrotta per motivi
spontanei o volontari, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22
maggio 1978, n. 194.
4. Le
competenti casse di previdenza e assistenza per i liberi professionisti
provvedono d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.
72.
Adozioni e affidamenti.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 3)
1.
L'indennità di cui all'articolo 70 spetta altresì per l'ingresso del bambino
adottato o affidato, a condizione che non abbia superato i sei anni di età.
2. La
domanda, in carta libera, deve essere presentata dalla madre alla competente
cassa di previdenza e assistenza per i liberi professionisti entro il termine
perentorio di centottanta giorni dall'ingresso del bambino e deve essere
corredata da idonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l'inesistenza del diritto a
indennità di maternità per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo
ingresso del bambino nella famiglia.
3.
Alla domanda di cui al comma 2 va allegata copia autentica del provvedimento di
adozione o di affidamento.
73.
Indennità in caso di interruzione della gravidanza.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 4)
1. In
caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi
previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194,
verificatasi non prima del terzo mese di gravidanza, l'indennità di cui
all'articolo 70 è corrisposta nella misura pari all'80 per cento di una
mensilità del reddito o della retribuzione determinati ai sensi dei commi 2 e 3
del citato articolo 70.
2. La
domanda deve essere corredata da certificato medico, rilasciato dalla U.S.L.
che ha fornito le prestazioni sanitarie, comprovante il giorno dell'avvenuta
interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, ai sensi della legge 22
maggio 1978, n. 194, e deve essere presentata alla competente cassa di
previdenza e assistenza per i liberi professionisti entro il termine perentorio
di centottanta giorni dalla data dell'interruzione della gravidanza.
Capo
XIII
Sostegno alla maternità e alla paternità
74.
Assegno di maternità di base.
(legge
23 dicembre 1998, n. 448, art. 66, commi 1, 2, 3, 4, 5-bis, 6; legge 23
dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 12; legge 23 dicembre 2000, n. 388, art.
80, commi 10 e 11)
1.
Per ogni figlio nato dal 1° gennaio 2001, o per ogni minore in affidamento
preadottivo o in adozione senza affidamento dalla stessa data, alle donne
residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno
ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che
non beneficiano dell'indennità di cui agli articoli 22, 66 e 70 del presente
testo unico, è concesso un assegno di maternità pari a complessive L.
2.500.000.
2. Ai
trattamenti di maternità corrispondono anche i trattamenti economici di
maternità corrisposti da datori di lavoro non tenuti al versamento dei
contributi di maternità.
3.
L'assegno è concesso dai comuni nella misura prevista alla data del parto, alle
condizioni di cui al comma 4. I comuni provvedono ad informare gli interessati
invitandoli a certificare il possesso dei requisiti all'atto dell'iscrizione
all'anagrafe comunale dei nuovi nati.
4.
L'assegno di maternità di cui al comma 1, nonché l'integrazione di cui al comma
6, spetta qualora il nucleo familiare di appartenenza della madre risulti in
possesso di risorse economiche non superiori ai valori dell'indicatore della
situazione economica (ISE), di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
109, tabella 1, pari a lire 50 milioni annue con riferimento a nuclei familiari
con tre componenti.
5.
Per nuclei familiari con diversa composizione detto requisito economico è
riparametrato sulla base della scala di equivalenza prevista dal predetto
decreto legislativo n. 109 del 1998, tenendo anche conto delle maggiorazioni
ivi previste.
6.
Qualora il trattamento della maternità corrisposto alle lavoratrici che godono
di forme di tutela economica della maternità diverse dall'assegno istituito al
comma 1 risulti inferiore all'importo di cui al medesimo comma 1, le
lavoratrici interessate possono avanzare ai comuni richiesta per la concessione
della quota differenziale.
7.
L'importo dell'assegno è rivalutato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base
della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati calcolato dall'ISTAT.
8.
L'assegno di cui al comma 1, ferma restando la titolarità concessiva in capo ai
comuni, è erogato dall'INPS sulla base dei dati forniti dai comuni, secondo
modalità da definire nell'àmbito dei decreti di cui al comma 9.
9.
Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con
i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, sono emanate le necessarie disposizioni
regolamentari per l'attuazione del presente articolo.
10.
Con tali decreti sono disciplinati i casi nei quali l'assegno, se non ancora
concesso o erogato, può essere corrisposto al padre o all'adottante del minore.
11.
Per i procedimenti di concessione dell'assegno di maternità relativi ai figli
nati dal 2 luglio 1999 al 30 giugno 2000 continuano ad applicarsi le
disposizioni di cui all'articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Per i
procedimenti di concessione dell'assegno di maternità relativi ai figli nati
dal 1° luglio 2000 al 31 dicembre 2000 continuano ad applicarsi le disposizioni
di cui al comma 12 dell'articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
75.
Assegno di maternità per lavori atipici e discontinui.
(legge
23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, commi 8, 9, 11, 12, 13, 14; legge 23
dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 10)
1.
Alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie ovvero in possesso di
carta di soggiorno ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, per le quali sono in atto o sono stati versati contributi per la
tutela previdenziale obbligatoria della maternità, è corrisposto, per ogni
figlio nato, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza
affidamento dal 2 luglio 2000, un assegno di importo complessivo pari a lire 3
milioni, per l'intero nel caso in cui non beneficiano dell'indennità di cui
agli articoli 22, 66 e 70 del presente testo unico, ovvero per la quota
differenziale rispetto alla prestazione complessiva in godimento se questa
risulta inferiore, quando si verifica uno dei seguenti casi:
a)
quando la donna lavoratrice ha in corso di godimento una qualsiasi forma di
tutela previdenziale o economica della maternità e possa far valere almeno tre
mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti
alla nascita o all'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare;
b)
qualora il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto a
prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento, per
almeno tre mesi, di attività lavorativa, così come individuate con i decreti di
cui al comma 5, e la data della nascita o dell'effettivo ingresso del minore
nel nucleo familiare, non sia superiore a quello del godimento di tali
prestazioni, e comunque non sia superiore a nove mesi. Con i medesimi decreti è
altresì definita la data di inizio del predetto periodo nei casi in cui questa
non risulti esattamente individuabile;
c) in
caso di recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro durante il periodo di
gravidanza, qualora la donna possa far valere tre mesi di contribuzione nel
periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita.
2. Ai
trattamenti di maternità corrispondono anche i trattamenti economici di
maternità corrisposti da datori di lavoro non tenuti al versamento dei
contributi di maternità.
3.
L'assegno di cui al comma 1 è concesso ed erogato dall'INPS, a domanda
dell'interessata, da presentare in carta semplice nel termine perentorio di sei
mesi dalla nascita o dall'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare.
4.
L'importo dell'assegno è rivalutato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base
della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati calcolato dall'ISTAT.
5.
Con i decreti di cui al comma 6 sono disciplinati i casi nei quali l'assegno,
se non ancora concesso o erogato, può essere corrisposto al padre o
all'adottante del minore.
6.
Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con
i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, sono emanate le disposizioni regolamentari
necessarie per l'attuazione del presente articolo.
Capo
XIV
Vigilanza
76.
Documentazione.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 29 e 30, commi 2, 3 e 4)
1. Al
rilascio dei certificati medici di cui al presente testo unico, salvo i casi di
ulteriore specificazione, sono abilitati i medici del Servizio sanitario
nazionale.
2.
Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al comma
1, il datore di lavoro o l'istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata
per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi
ovvero di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.
3. I
medici dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro hanno facoltà di
controllo.
4.
Tutti i documenti occorrenti per l'applicazione del presente testo unico sono
esenti da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie e natura.
77.
Vigilanza.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 30, comma 1, e 31, comma 4)
1.
L'autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni amministrative
previste dal presente testo unico e ad emettere l'ordinanza di ingiunzione è il
servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
2. La
vigilanza sul presente testo unico, ad eccezione dei Capi XI, XII e XIII, è
demandata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la esercita
attraverso i servizi ispettivi.
3. La
vigilanza in materia di controlli di carattere sanitario spetta alle regioni, e
per esse al Servizio sanitario nazionale.
Capo
XV - Disposizioni in materia di oneri contributivi
78.
Riduzione degli oneri di maternità.
(legge
23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, commi 1, 4, e 11)
1.
Con riferimento ai parti, alle adozioni o agli affidamenti intervenuti
successivamente al 1° luglio 2000 per i quali è riconosciuta dal vigente
ordinamento la tutela previdenziale obbligatoria, il complessivo importo della
prestazione dovuta se inferiore a lire 3 milioni, ovvero una quota fino a lire
3 milioni se il predetto complessivo importo risulta pari o superiore a tale
valore, è posto a carico del bilancio dello Stato. Conseguentemente, e, quanto
agli anni successivi al 2001, subordinatamente all'adozione dei decreti di cui
al comma 2 dell'articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono ridotti
gli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro, per 0,20 punti
percentuali (1).
2.
Gli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro del settore
dei pubblici servizi di trasporto e nel settore elettrico, sono ridotti dello
0,57 per cento.
3.
L'importo della quota di cui al comma 1 è rivalutato al 1° gennaio di ogni
anno, sulla base della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai e impiegati calcolato dall'ISTAT.
(1)La riduzione del contributo previsto dal presente
comma è stata confermata, a decorrere dall'anno 2002, dal comma 1 dell'art. 43,
L. 28 dicembre 2001, n. 448.
79.
Oneri contributivi nel lavoro subordinato privato.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 21)
1.
Per la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al presente
testo unico relativi alle lavoratrici e ai lavoratori con rapporto di lavoro
subordinato privato e in attuazione della riduzione degli oneri di cui
all'articolo 78, è dovuto dai datori di lavoro un contributo sulle retribuzioni
di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
a)
dello 0,46 per cento sulla retribuzione per il settore dell'industria,
dell'artigianato, marittimi, spettacolo;
b)
dello 0,24 per cento sulla retribuzione per il settore del terziario e servizi,
proprietari di fabbricati e servizi di culto;
c)
dello 0,13 per cento sulla retribuzione per il settore del credito,
assicurazione e servizi tributari appaltati;
d)
dello 0,03 per cento per gli operai agricoli e dello 0,43 per cento per gli
impiegati agricoli. Il contributo è calcolato, per gli operai a tempo
indeterminato secondo le disposizioni di cui al decreto-legge 22 dicembre 1981,
n. 791, convertito dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, per gli operai agricoli
a tempo determinato secondo le disposizioni del decreto legislativo 16 aprile
1997, n. 146; e per i piccoli coloni e compartecipanti familiari prendendo a
riferimento i salari medi convenzionali di cui all'articolo 28 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488;
e)
dello 0,01 per cento per gli allievi dei cantieri scuola e lavoro di cui alla
legge 6 agosto 1975, n. 418.
2.
Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali.
3.
Per i giornalisti iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per i
giornalisti italiani «Giovanni Amendola» è dovuto un contributo pari allo 0,65
per cento della retribuzione.
4. In
relazione al versamento dei contributi di cui al presente articolo, alle
trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il contributo
medesimo, si applicano le disposizioni relative ai contributi obbligatori.
5.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale, di concerto con quello per il tesoro, la misura
dei contributi stabiliti dal presente articolo può essere modificata in relazione
alle effettive esigenze delle relative gestioni.
80.
Oneri derivanti dall'assegno di maternità di base.
(legge
23 dicembre 1998, n. 448, art. 66, commi 5 e 5-bis)
1.
Per il finanziamento dell'assegno di maternità di cui all'articolo 74 è
istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la cui
dotazione è stabilita in lire 25 miliardi per l'anno 1999, in lire 125 miliardi
per l'anno 2000 e in lire 150 miliardi a decorrere dall'anno 2001.
2. A
tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato all'INPS le relative somme,
con conguaglio, alla fine di ogni esercizio, sulla base di specifica
rendicontazione.
81.
Oneri derivanti dall'assegno di maternità per lavori atipici e discontinui.
(legge
23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 9)
1.
L'assegno di cui all'articolo 75 è posto a carico dello Stato.
82.
Oneri derivanti dal trattamento di maternità delle lavoratrici autonome.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, artt. 6, 7 e 8; legge 23 dicembre 1999, n. 488, art.
49, comma 1)
1.
Alla copertura degli oneri derivanti dall'applicazione del Capo XI, si provvede
con un contributo annuo di lire 14.500 per ogni iscritto all'assicurazione
generale obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti per le gestioni
dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri, artigiani ed esercenti attività
commerciali (1).
2. Al
fine di assicurare l'equilibrio delle singole gestioni previdenziali, il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del
tesoro, sentito il consiglio di amministrazione dell'INPS, con proprio decreto
stabilisce le variazioni dei contributi di cui al comma 1, in misura
percentuale uguale alle variazioni delle corrispettive indennità.
(1)Per la conferma del contributo previsto dal presente
comma vedi l'art. 43, comma 1, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
83.
Oneri derivanti dal trattamento di maternità delle libere professioniste.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 5; legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49,
comma 1)
1.
Alla copertura degli oneri derivanti dall'applicazione del Capo XII, si
provvede con un contributo annuo a carico di ogni iscritto a casse di
previdenza e assistenza per i liberi professionisti. Il contributo è
annualmente rivalutato con lo stesso indice di aumento dei contributi dovuti in
misura fissa di cui all'articolo 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160, e
successive modificazioni.
2. A
seguito della riduzione degli oneri di maternità di cui all'articolo 78, alla
ridefinizione dei contributi dovuti si provvede con i decreti di cui al comma 5
dell'articolo 75, sulla base di un procedimento che preliminarmente consideri
una situazione di equilibrio tra contributi versati e prestazioni assicurate.
3. I
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, accertato che le
singole casse di previdenza e assistenza per i liberi professionisti abbiano
disponibilità finanziarie atte a far fronte agli oneri derivanti dalla presente
legge, possono decidere la riduzione della contribuzione o la totale
eliminazione di detto contributo, sentito il parere dei consigli di
amministrazione delle casse.
84.
Oneri derivanti dal trattamento di maternità delle collaboratrici coordinate e
continuative.
(legge
27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 16)
1.
Per i soggetti che non risultano iscritti ad altre forme obbligatorie, il
contributo alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge
8 agosto 1995, n. 335, è elevato di una ulteriore aliquota contributiva pari a
0,5 punti percentuali, per il finanziamento dell'onere derivante
dall'estensione agli stessi anche della tutela relativa alla maternità.
Capo
XVI
Disposizioni finali
85.
Disposizioni in vigore.
1.
Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni legislative, fatte
salve le disapplicazioni disposte dai contratti collettivi ai sensi
dell'articolo 72, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29:
a)
l'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n.
3;
b)
l'articolo 157-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio
1967, n. 18, come sostituito dall'articolo 1 del decreto legislativo 7 aprile
2000, n. 103;
c)
l'articolo 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457;
d)
l'articolo 10 della legge 18 maggio 1973, n. 304;
e) la
lettera c) del comma 2 dell'articolo 5 della legge 9 dicembre 1977, n. 903;
f)
l'articolo 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
g)
l'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33;
h) il
comma 2 dell'articolo 54 della legge 1° aprile 1981, n. 121;
i)
l'articolo 12 della legge 23 aprile 1981, n. 155;
j)
l'articolo 8-bis del decreto-legge 30 aprile 1981, n. 168, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 giugno 1981, n. 331;
k)
l'articolo 14 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54;
l)
l'articolo 7 della legge 26 aprile 1985, n. 162;
m) la
lettera d) del comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 402;
n) il
comma 1-bis dell'articolo 3 del decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1990, n. 58;
o) il
comma 8 dell'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
p) il
comma 2 dell'articolo 7, il comma 2 dell'articolo 18 e il comma 2 dell'articolo
27 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443;
q) il
comma 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 197;
r) il
comma 2, seconda parte, dell'articolo 5 del decreto legislativo 12 maggio 1995,
n. 201;
s) il
comma 40 dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335;
t)
gli articoli 5, 7 e 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564;
u)
l'articolo 23 della legge 4 marzo 1997, n. 62;
v) il
comma 16 dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
w) il
comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito,
con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52;
x) il
comma 1 dell'articolo 25 e il comma 3 dell'articolo 34 e il comma 3
dell'articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
y) la
lettera a) del comma 5 dell'articolo 1 del decreto legislativo 29 aprile 1998,
n. 124;
z)
l'articolo 18 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135;
aa)
la lettera e) del comma 2, dell'articolo 1 del decreto legislativo 22 giugno
1999, n. 230;
bb)
l'articolo 65 della legge 2 agosto 1999, n. 302;
cc)
il comma 1 dell'articolo 41 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;
dd) i
commi 2 e 3 dell'articolo 12 della legge 8 marzo 2000, n. 53, limitatamente
alla previsione del termine di sei mesi ivi previsto;
ee)
il comma 2 dell'articolo 10 e il comma 2 dell'articolo 23 del decreto
legislativo 21 maggio 2000, n. 146;
ff)
gli articoli 5 e 18, il comma 3 dell'articolo 25, il comma 3 dell'articolo 32,
il comma 6 dell'articolo 41 e il comma 3 dell'articolo 47 del decreto
legislativo 5 ottobre 2000, n. 334;
gg)
il comma 12 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
2.
Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni regolamentari:
a) il
decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403;
b) il
decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, ad eccezione
degli articoli 1, 11 e 21;
c) il
comma 4 dell'articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio
1980, n. 382;
d) il
comma 2, dell'articolo 20-quinquies e il comma 2 dell'articolo 25-quater del
decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337;
e) il
decreto 2 giugno 1982 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
f) il
decreto 23 maggio 1991 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
g)
l'articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 aprile
1994, n. 439, fino al momento della sua abrogazione così come prevista dalla
lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 287;
h) il
decreto 6 marzo 1995 del Ministro della sanità;
i) il
comma 4 dell'articolo 8 e il comma 3 dell'articolo 19 del decreto del
Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465;
j) il
comma 2 dell'articolo 7 del decreto 25 marzo 1998, n. 142 del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale;
k) il
decreto 27 maggio 1998 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
l) il
comma 1 dell'articolo 1 del decreto 10 settembre 1998 del Ministro della sanità;
m)
gli articoli 1 e 3 del decreto 12 febbraio 1999 del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale;
n) il
comma 2 dell'articolo 6 del decreto 30 aprile 1999, n. 224 del Ministro
dell'università e della ricerca scientifica;
o) il
decreto 4 agosto 1999 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
p) il
comma 6 dell'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1999, n. 394;
q) il
decreto 20 dicembre 1999, n. 553 del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale;
r) il
decreto 24 aprile 2000 del Ministro della sanità.
86.
Disposizioni abrogate.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3, comma 2; legge 29 dicembre 1987, n. 546,
articolo 9; legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 15 e 17, comma 4)
1.
Restano abrogate le seguenti disposizioni:
a)
gli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653;
b) la
legge 26 agosto 1950, n. 860.
2.
Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate, in
particolare, le seguenti disposizioni legislative:
a) la
legge 30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni;
b) il
secondo comma dell'articolo 3; i commi 1 e 2, lettere a) e b), dell'articolo 5;
gli articoli 6, 6-bis, 6-ter e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903;
c) la
lettera n) del comma 3 dell'articolo 31 e l'articolo 39-quater della legge 4
maggio 1983, n. 184, nonché le parole «e gli articoli 6 e 7 della legge 9
dicembre 1977, n. 903, si applicano anche agli affidatari di cui al comma
precedente» del secondo comma dell'articolo 80 della legge 4 maggio 1983, n. 184;
d) il
comma 4 dell'articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41;
e) la
legge 29 dicembre 1987, n. 546;
f)
l'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, così come modificato
dall'articolo 3 del decreto-legge 6 maggio 1994, n. 271, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 luglio 1994, n. 433;
g) la
legge 11 dicembre 1990, n. 379;
h)
l'articolo 8 del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166;
i) il
comma 1 dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
j) i
commi 1 e 3 dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503;
k) i
commi 3, 4 e 5 dell'articolo 6 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
l) il
comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566;
m)
l'articolo 69 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230;
n)
l'articolo 2 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564;
o) il
decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645;
p) il
comma 15 dell'articolo 8 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468;
q)
l'articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, così come modificato dagli
articoli 50 e 63 della legge 17 maggio 1999, n. 144;
r) i
commi 1, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 dell'articolo 49 della legge 23 dicembre
1999, n. 488;
s) i
commi 2 e 3 dell'articolo 4 e i commi 2 e 3 dell'articolo 5 del decreto
legislativo 31 gennaio 2000, n. 24;
t) il
comma 5 dell'articolo 3, il comma 4-bis dell'articolo 4 e l'articolo 10 e i commi
2 e 3 dell'articolo 12, salvo quanto previsto dalla lettera dd) dell'articolo
85 del presente testo unico, e gli articoli 14, 17 e 18 della legge 8 marzo
2000, n. 53;
u) i
commi 10 e 11 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
3.
Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate le
seguenti disposizioni regolamentari:
a)
gli articoli 1, 11 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre
1976, n. 1026(1).
(1) Comma così corretto con Comunicato 8 ottobre 2001
(Gazz. Uff. 8 ottobre 2001, n. 234).
87.
Disposizioni regolamentari di attuazione.
1.
Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regolamentari di attuazione del
presente testo unico, emanate ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge
23 agosto 1988, n. 400, si applicano le disposizioni del decreto del Presidente
della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, salvo quanto stabilito
dall'articolo 86 del presente testo unico.
2. Le
disposizioni del citato decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre
1976, n. 1026, che fanno riferimento alla disciplina della legge 30 dicembre
1971, n. 1204, sono da intendersi riferite alle corrispondenti disposizioni del
presente testo unico.
88.
Entrata in vigore.
1. Il
presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Allegato
A
(Articolo
5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026)
Elenco
dei lavori faticosi, pericolosi e insalubri di cui all'art. 7
Il
divieto di cui all'art. 7, primo comma, del testo unico si intende riferito al
trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su
guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra
operazione connessa.
I
lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso
articolo, sono i seguenti:
A)
quelli previsti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345 e dal decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 262;
B)
quelli indicati nella tabella allegata al decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per i quali vige l'obbligo delle visite
mediche preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il
parto;
C)
quelli che espongono alla silicosi e all'asbestosi, nonché alle altre malattie
professionali di cui agli allegati 4 e 5 al decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni: durante la
gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto;
D) i
lavori che comportano l'esposizione alle radiazioni ionizzanti: durante la
gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
E) i
lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante la gestazione e fino al
termine del periodo di interdizione dal lavoro;
F) i
lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e fino al termine del
periodo di interdizione dal lavoro;
G) i
lavori che comportano una stazione in piedi per più di metà dell'orario o che
obbligano ad una posizione particolarmente affaticante, durante la gestazione e
fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
H) i
lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del
movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo: durante la gestazione e
fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
I) i
lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense
vibrazioni: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione
dal lavoro;
L) i
lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per
malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e
per 7 mesi dopo il parto;
M) i
lavori agricoli che implicano la manipolazione e l'uso di sostanze tossiche o
altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame:
durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
N) i
lavori di monda e trapianto del riso: durante la gestazione e fino al termine
del periodo di interdizione dal lavoro;
O) i
lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro
mezzo di comunicazione in moto: durante la gestazione e fino al termine del
periodo di interdizione dal lavoro.
Allegato
B
(Decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, allegato 2)
Elenco
non esauriente di agenti e condizioni di lavoro di cui all'art. 7
A.
Lavoratrici gestanti di cui all'art. 6 del testo unico.
1.
Agenti:
a)
agenti fisici: lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in
camere sotto pressione, immersione subacquea;
b)
agenti biologici:
toxoplasma;
virus
della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice è
sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione;
c)
agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti
possono essere assorbiti dall'organismo umano.
2.
Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
B.
Lavoratrici in periodo successivo al parto di cui all'art. 6 del testo unico.
1.
Agenti:
a)
agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono
essere assorbiti dall'organismo umano.
2.
Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
Allegato
C
(Decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, allegato 1)
Elenco
non esauriente di agenti processi e condizioni di lavoro di cui all'art. 11
A.
Agenti.
1.
Agenti fisici, allorché vengono considerati come agenti che comportano lesioni
del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta, in particolare:
a)
colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti;
b)
movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi, soprattutto
dorsolombari;
c)
rumore;
d)
radiazioni ionizzanti;
e)
radiazioni non ionizzanti;
f)
sollecitazioni termiche;
g)
movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all'interno sia all'esterno
dello stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi
all'attività svolta dalle lavoratrici di cui all'art. 1.
2.
Agenti biologici. Agenti biologici dei gruppi di rischio da 2 a 4 ai sensi
dell'art. 75 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni, nella misura in cui sia noto che tali agenti o
le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle
gestanti e del nascituro, sempreché non figurino ancora nell'allegato II.
3.
Agenti chimici. Gli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto che
mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché non
figurino ancora nell'allegato II:
a)
sostanze etichettate R 40; R 45; R 46 e R 47 ai sensi della direttiva n.
67/548/CEE, purché non figurino ancora nell'allegato II;
b)
agenti chimici che figurano nell'allegato VIII del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni;
c)
mercurio e suoi derivati;
d)
medicamenti antimitotici;
e)
monossido di carbonio;
f)
agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento cutaneo.
B.
Processi.
Processi
industriali che figurano nell'allegato VIII del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni.
C.
Condizioni di lavoro.
Lavori
sotterranei di carattere minerario.
Allegato
D
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 1)
Elenco
delle casse di previdenza e assistenza per i liberi professionisti di cui
all'art. 70
1.
Cassa nazionale del notariato.
2.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e
procuratori.
3.
Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti.
4.
Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari.
5.
Ente nazionale di previdenza e assistenza medici.
6.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei geometri.
7.
Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi.
8.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori
commercialisti.
9.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti
liberi professionisti.
10.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti
commerciali.
11.
Ente nazionale di previdenza e assistenza per i consulenti del lavoro.