HOME

 

 

SIALPEASIA

 

PARLANO DI NOI

 

 

«Il ministero chiuda il carcere fatiscente»

Rita Cola

Iniziativa del sindacato di polizia Mancano i soldi per le lampadine

 

IVREA. Il carcere va chiuso. Così com’è, infatti, non garantisce un livello di sicurezza e di possibilità di operare. Ci sono gravissimi problemi strutturali, manca personale di polizia penitenziaria e manca personale amministrativo. Il documento sottoscritto nei giorni scorsi da tutte le sigle sindacali della polizia penitenziaria e dalle Rsu del personale che opera in carcere è duro. La proposta di chiudere la struttura è stata inviata al ministero della Giustizia.
 Non è solo da ora che le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria si stanno muovendo. Ma la situazione, ad Ivrea, stava diventando paradossale. Tanto da far proporre alla Osapp, organizzazione sindacale auonoma di polizia penitenziaria, un’iniziativa eclatante. «Se siamo arrivati a questo punto - spiega Luca Massaria, delegato regionale Osapp - è meglio chiudere». Le altre sigle sindacali presenti (Cgil, Cisl, Uil, Sappe, Sialpe-Asia e Rsu interne) hanno sottoscritto. E, entro qualche giorno, sarà anche inviata una lettera sulle condizioni dell’istituto al sindaco di Ivrea Fiorenzo Grijuela.
 La buona volontà ha continuato - e continua - a risolvere le emergenze ed una quotidianità sempre più pesante, ma il personale vuole maggiore attenzione. Così, ecco la richiesta di chiudere la struttura di Ivrea dove sono detenute trecentocinquanta persone (ce ne dovrebbero essere 180) e lavorano circa centononovanta addetti.
 Parlare della difficile situazione delle carceri italiane è ritornare su una serie di argomenti già affrontati più volte. Sono molte le pubblicazioni in proposito, come il rapporto annuale dell’associazione Antigone sulle carceri italiane. Mancano soldi e personale, molte strutture sono fatiscenti, i progetti stentano.
 Ad Ivrea, però, c’è una complicazione in più. Si tratta di un’inchiesta della Procura della Repubblica nata in seguito ad un ammanco dai conti dell’istituto. Il ragioniere della casa circondariale è attualmente indagato e sospeso dal servizio. La direttrice, all’emergere della questione, è stata trasferita in altra sede. Le cifre sulle quali la Procura sta indagando sono piuttosto consistenti, si parla di qualcosa come duecentomila euro. Un ispettore del ministero è incaricato di verificare il funzionamento della ragioneria ed attualmente, il compito di fare i conti e tenere la cassa, è affidato a due contabili inviati due giorni la settimana.
 Servirebbero decine di migliaia di euro per interventi di manutenzione straordinaria e, all’atto pratico, non ci sono neppure i soldi per cambiare le lampadine. Dicono che, per l’anno in corso, siano disponibili settemila euro e c’è chi fa notare che quella cifra è a malapena sufficiente per rifare il bagno di casa propria. Il cordone della borsa è strettissimo. Anche per acquisti di piccolissima entità serve il placet del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. L’Osapp afferma che, dall’inizio dell’anno, in manutenzione (ordinaria) non è stato speso neppure un euro e che molti fornitori del carcere aspettano di veder saldati i propri conti.
 Qualche esempio per rendere l’idea? In una cella (tutte già colme) si è rotto il lavandino e non può essere sostituito. Il detenuto se ne sta, quindi, senza lavabo e senza la possibilità di essere trasferito in un’altra cella perchè sono tutte già al limite della propria capacità. I montacarichi non funzionano, gli ascensori neppure. La mancanza del ragioniere costringe la direzione ad utilizzare personale di polizia penitenziaria per compiti amministrativi sottraendoli, ovviamente, alle proprie mansioni. Una settimana fa, il consigliere regionale della Rosa nel pugno Luigi Ricca è entrato nella struttura per una visita. Prima di lui c’era stato l’onorevole Michele Vietti, Udc, quando ancora ricopriva l’incarico di sottosegretario all’Economia. Il consigliere Ricca dice di essere stato davvero molto colpito dalla sua visita in carcere. Alla casa circondariale, Luigi Ricca c’era stato in un’occasione ludica: «Era Carnevale ed ero ufficiale di stato maggiore napoleonico. Il sabato, ero con il gruppo storico per la consueta visita alle caserme. Mi ha davvero impressionato constatare il degrato avvenuto nella struttura». «Ho assistito - aggiunge Ricca - al trasporto di un detenuto malato con la barella che stentava a compiere il giro scala. I contenitori delle vivande devono essere portati a mano dalla cucina che si trova nel piano seminterrato fino al quarto piano. Nel corso della visita ho persino visto smantellare una canna fumaria esterna che mi è stato essere un tempo pericolante, sotto la quale passavano a rischio i parenti in visita».
 Gianfranco Marcello è direttore della casa circondariale dal mese di gennaio. Ha alcune idee nuove su come cercare, al meglio, di puntare sul reinserimento dei detenuti nella società. Di fronte alla mancanza di fondi, però, è costretto ad allargare le braccia. «Cosa succede? - dice - Succede quello che tutti i cittadini possono vedere al telegiornale. Ci sono tagli consistenti alle spese e mancano i soldi». Gianfranco Marcello è un dirigente al servizio dello Stato che non si arrende: «Il personale e persino i detenuti si danno molto da fare per risolvere le situazioni più varie. L’impegno e la buona volontà non mancano. Purtroppo, servirebbe uno stanziamento consistente di fondi straordinari». Ai politici, Marcello ha mostrato la struttura così come è: «Non ho fatto nulla se non mostrare una situazione esattamente per come si presenta». Ricca, da parte sua, osserva: «Abbiamo una legislazione nazionale all’avanguardia eppure ci scontriamo con una terribile mancanza di risorse».

(26 maggio 2006)

DA SARDEGNA OGGI

venerdì, 26 maggio 2006
 

Buoncammino scoppia: pochi agenti e sovraffollamento


Il Carcere di Buoncammino

Prosegue la mobilitazione degli agenti della polizia Penitenziaria del Carcere di Buoncammino che chiedono conforza un incontro con il Provveditore dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna e si appellano al Ministro della Giustizia per trovare le risorse per l'ammodernamento delle strutture e per rivedere l'organico degli agenti in tutte le carceri dell'Isola. Senza risposte certe il 5 giugno si terrà un sit-In davanti al PRAP.

CAGLIARI - E' grave la situazione all'interno del carcere cagliaritano di Buoncammino. A denunciare una situazione che sta diventando esplosiva sul fronte della sicurezza e della salute sono i sindacati confederali e quelli autonomi. L'organico ridotto dei lavoratori e delle lavoratrici della Casa Circondariale del Capoluogo, insieme al sovraffollamento delle celle ed ad una organizzazione del lavoro da rivedere sono i punti critici che i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil-Fp, Cisl-Fp, Uil, Sinappe, Fsa, Sialpe-Asia vorrebbero discutere in un tavolo tecnico con il Provveditore dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna, Francesco Massidda. Con un ulteriore appello al Ministro della Giustizia si chiede l'apertura di un confronto sulle risorse per l'ammodernamento delle strutture e sull'organico degli agenti in tutte le carceri dell'Isola. Intanto, in assenza di un incontro che ponga le basi su una verifica delle esigenze del carcere di Cagliari, il prossimo 5 giugno ci sarà un sit-in di protesta davanti agli uffici del Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria (PRAP).

Attualmente nel carcere cagliaritano lavorano 278 unità che, secondo le organizzazioni sindacali di categoria, sono insufficienti per gestire i 491 detenuti presenti su 332 previsti dalla soglia massima e su 471 di quella tollerabile. A questo si aggiunge, nella pratica, l'impossibilità di godere delle ferie (70 giorni di ferie non godute pro capite), se non per un periodo massimo di 10 giorni all'anno, ed una carenza di personale aggravata da 50 agenti “riformati per stress” provocato da un ingente carico di lavoro dal 2001 sino ad oggi. Inoltre 41 agenti inseriti nell'organico di Buoncammino svolgono il loro lavoro nelle altre carceri dell'Isola che soffrono anch'esse di mancanza di risorse umane. ''In questa situazione accade che nei reparti detentivi, dove sono previste 7 unità - fanno sapere i rappresentanti sindacali – molto spesso gli agenti in servizio effettivo sono solo 3, mentre nel settore femminile, nei turni notturni, dalle 20 alle 6, il servizio è svolto da un'unica agente”. La mobilitazione dei lavoratori della polizia Penitenziaria è cominciata lo scorso 8 maggio, quando gli agenti hanno iniziato ad astenersi dall'uso della mensa obbligatoria di servizio e ad attenersi scrupolosamente agli ordini di servizio e ai regolamenti che disciplinano la loro attività.

Intanto i militanti ed i dirigenti della Rosa nel Pugno hanno organizzato per il 2 giugno, Festa della Repubblica, alle 10,30 un sit-in davanti alla Casa Circondariale di Buoncammino per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi della realtà carceraria isolana dove alle precarie condizioni delle strutture obsolete si aggiungono gravi condizioni sanitarie. Secondo la consigliera regionale Maria Grazia Caligaris (Sdi-RnP), promotrice dell'iniziativa, “gli inaccettabili indici di sovraffollamento delle strutture carcerarie sarde che comportano condizioni di invivibilità per i carcerati, per gli Agenti di Polizia penitenziaria e gli operatori nonché l’impossibilità di attuare qualunque forma di programma di recupero per chi deve scontare una pena richiedono un immediato intervento da parte del Parlamento”.


 

 Ultimo aggiornamento: 26-05-2006 19:21:25

 

Pescara: alla Casa Circondariale un nuovo sciopero bianco

 

Il Tempo, 9 settembre 2005

 

Un secondo sciopero bianco, con astensione alla mensa di servizio: è stato proclamato dalle organizzazioni sindacali confederali e autonome della Polizia penitenziaria della casa circondariale di Pescara (Cgil-Fp, Cisl, Osapp, Sappe, Sialpe-Asia, Ugl e Fsa), per protestare contro "le condizioni di lavoro inaccettabili per il personale - si legge in una nota a firma congiunta - all’interno della struttura". I lavoratori avevano già effettuato una analoga manifestazione lo scorso 29 agosto, che aveva fatto registrare una altissima adesione. Ora c’è questa nuova minaccia di sciopero, che però potrebbe anche rientrare: il Provveditore regionale per l’Abruzzo e Molise per l’Amministrazione penitenziaria, ha infatti convocato i rappresentanti sindacali per lunedì prossimo: se in quella sede dovessero arrivare assicurazioni sul miglioramento delle condizioni di lavoro, i sindacati hanno manifestato la loro disponibilità a far rientrare la protesta.

 

 

SEGNALIAMO NEGLI ANNI PASSATI

Le organizzazione di categoria reagiscono
alle indagini della magistratura


Dopo le manette
secondini in rivolta

Manifestazioni e agitazioni
in tutta la penisola



ROMA - Caso Sassari: il malumore degli agenti penitenziari diventa un caso nazionale. Ovunque si stanno preparando iniziative di lotta e manifestazioni sia per solidarietà ai colleghi che operano in Sardegna sia per denunciare il malessere in cui vivono, a partire dalla mancanza di personale, fino alle indennità di missioni da anticipare.

I primi a farsi sentire sono stati gli agenti del carcere romano di Rebibbia che hanno respinto le accuse di "aguzzini o boia". Secondo un ampio cartello di sindacati di categoria, Osapp, Sinappe, Siulppe, Sappe, Cgil, Cisl, Uil e Sag-Sialpe, "le responsabilità vanno cercate a un livello superiore e - si chiedono - i motivi non saranno da ricercare in una connivenza della direzione del carcere che, a quanto risulta ai poliziotti penitenziari, ignorava sistematicamente i rapporti disciplinari a carico dei detenuti?".

Stato di agitazione anche in Lombardia proclamato dal coordinamento regionale dell'Osapp che ha annunciato per oggi "l'astensione dalla mensa di servizio" e "l'autoconsegna dei poliziotti penitenziari di tutta la regione a partire da San Vittore a Milano fino a manifestare davanti ad ogni istituto lombardo".

Sul piede di guerra anche l'Anippe che "adotterà - ha detto il presidente nazionale Giovanni Celardo - ogni forma di legittima manifestazione se l'azione denigratoria nei confronti della categoria, dopo i fatti accaduti a Sassari, non cesserà immediatamente".

Intanto oggi a Sassari si svolgerà un sit-in nazionale davanti al carcere di S. Sebastiano mentre il sindacato Sialpe ha invitato tutto il personale penitenziario allo sciopero mensa proprio in occasione della manifestazione contro quella che il Sialpe definisce "la persecuzione sistematica del personale del corpo di polizia penitenziaria" definita "carcerieri, secondini e quant'altro".

"Sconvolti" i sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, uniti contro il pestaggio della polizia penitenziaria. Si stigmatizzano i metodi con i quali la magistratura ha condotto l'azione, "un vero e proprio blitz in pieno stile antimafia". Unione anche sulla bocciatura dell'ipotesi avanzata dal ministro della Giustizia, Fassino, sull'uso dell'esercito a Sassari. La sola Cisl chiede anche le dimissioni del direttore dell'amministrazione penitenziaria, Giancarlo Caselli.

(5 maggio 2000)
 

 

 

DA LA REPUBBLICA

Bergamo, agente ferito. Caselli ordina: non reagite

Alta tensione nelle carceri
la protesta incendia l'Italia



di CLAUDIA FUSANI
 

ROMA - Alta e doppia tensione. Alta perché più della metà dei 217 istituti di pena stanno protestando a turno, giorno e notte. Doppia perché un piccolo malinteso potrebbe incendiare anche l'altro fronte delle carceri, quello degli agenti di custodia. Per ora l'ordine del Dap e del responsabile delle guardie, il generale Enrico Ragosa, è perentorio: vietato reagire. Il Dipartimento ha anche smentito voci di uso di lacrimogeni a Rebibbia da parte degli agenti. Ma nel supercarcere di Novara sei guardie sono rimaste intossicate dai materassi bruciati in un corridoio. E a Bergamo, mentre il direttore Antonio Porcino visitava i reparti, un agente è stato ferito con una lametta da barba da un detenuto extracomunitario. Per ora è finita così. "Ma ci sentiamo soli - dice Quirino Catalano, segretario nazionale del Sialpe, uno dei sindacati degli agenti di custodia - basta con questo tira e molla sull'amnistia. Si dica sì o no al provvedimento, altrimenti la polizia penitenziaria rischia di diventare il cuscinetto tra detenuti e politici. Le promesse stanno fomentando la rivolta". Il malcontento dei baschi blu è doppio. Da una parte si sentono "presi in giro" dal governo, visto che le promesse su stipendi, organici e formazione professionale non avrebbero la copertura della Finanziaria. Dall'altra anche le guardie sanno che "nessun livello di dignità è garantito in questo momento nelle carceri". Col Sialpe protestano anche Sappe, Sinappe, Osapp e le altre sigle del corpo.

Il direttore del Dap Giancarlo Caselli invita i detenuti "a non esagerare". Loro, per adesso, lo ascoltano. Battono i ferri, gridano slogan, "amnistia: basta parole", "Aids, moriamo tutti". Bruciano lenzuola e pezzi di carta, lanciano dalle finestre i fornellini a gas che esplodono e si incendiano. A Spoleto la protesta è dare in beneficenza le paghe, a Pisa digiunare a staffetta per cinque giorni a testa. Si rinuncia all'ora d'aria, ai colloqui. Ai lavori domestici: vuol dire che celle, bagni, docce e bracci restano sporchi e i direttori sono costretti a chiamare ditte esterne.

I detenuti sanno di avere pochi giorni. "Adesso o mai più" ripetono. Il segnale è arrivato con tivù e giornali, un tam tam mediatico e in tre giorni il filo rosso dell'allarme si è acceso in tutte le regioni italiane, escluse solo Sardegna e Valle d'Aosta. "La tensione cresce" ammette Gianfranco Gianfrotta, direttore dell'ufficio detenuti del Dap. Si teme il peggio, ma è meglio non dirlo. Se oggi o domani la Commissione giustizia del Senato non avvierà l'iter legislativo per l' amnistia, è chiaro che diventerà tutto troppo difficile.

"Siamo passati dalla speranza alla disillusione. Il rischio adesso è la disperazione", hanno detto ieri mattina i detenuti di Rebibbia all' onorevole Paolo Cento. Il deputato verde arriva in carcere dopo una notte caldissima nel supercarcere alle porte di Roma: battitura ferri, lancio di fornellini,urla e schiamazzi nel G8, il settore con definitivi e tossicodipendenti. Cento incontra prima i detenuti di Papillon. "Per noi - dicono - si sta giocando una partita incomprensibile, questo dibattito politico è roba da marziani". Amnistia, indulto: ora, o sarà troppo tardi. Al G8 l'onorevole trova detenuti alle prese con le pulizie per rimuovere i resti della protesta. Avverte Cento: "Sono molto tesi e determinati, andranno a oltranza". I reclusi sono disposti a pagare, a dare una contropartita alla società: "Date una possibilità a chi esce e migliori condizioni a chi resta". Soprattutto indicano la soluzione: "Approvare un indulto che non crea gli imbarazzi politici dell'amnistia". Con un provvedimento limitato allo sconto di due anni di pena uscirebbero 13.930 persone. Sarebbe risolto almeno il problema degli spazi. A sera il direttore di Rebibbia Massimo Di Rienzo è ancora in ufficio. "Siamo il paese del paradosso. Un anno fa quando cominciò la campagna sicurezza, noi direttori abbiamo visto aumentare di mille persone al mese il numero dei detenuti. Ci chiedevamo dove saremmo andati a finire. Infatti scoppiamo". A sera in tutti gli istituti riprendono urla e battitura ferri. Si aggiunge anche la Sardegna. Ed è veramente tutto il paese.

(27 giugno 2000)
 

 

 

 

webmaster: asia@confederazioneasia.it